Da Corriere della Sera del 09/06/2004

L’INTERVISTA / Il presidente della Camera: gravissimo, non dobbiamo farci intimorire ma neanche minimizzare

Casini: basta con l’odio tra avversari politici

di Massimo Franco

ROMA - «Questa volta è stata una bomba-carta. Non ha ucciso nessuno, per fortuna, ma alcune persone sono rimaste ferite. È un attentato che a mio avviso assume un significato simbolico gravissimo. Credo che una classe dirigente non si debba fare intimorire. Ma sono anche fermamente convinto che abbia il dovere di non minimizzarlo». Pier Ferdinando Casini, presidente della Camera dei deputati, è stato raggiunto dalla notizia dell’esplosione in piazza Maggiore, nella sua Bologna, mentre era in volo per l’estero. Sono le 11 di sera. La terza carica dello Stato ha appena parlato con Gianfranco Fini, che teneva un comizio in piazza Maggiore quando è avvenuta l’esplosione. Mancano quattro giorni al voto amministrativo ed europeo. E Casini comincia a temere un’Italia nel mirino di due eversioni concentriche: quella fondamentalista islamica e quella rappresentata «dai residui del terrorismo interno».

Era da molto tempo, presidente, che non avveniva un attentato durante un comizio elettorale.
«Infatti, non va sottovalutato. Lo ritengo un fatto molto grave che mi ha lasciato allibito. Ho già chiamato il vicepresidente del Consiglio Gianfranco Fini per sapere come stava, come stavano i feriti, e dare loro la mia solidarietà. È stata una giornata terribile: e pensare che era cominciata con la bella notizia della liberazione degli ostaggi in Iraq! Ma io da tempo temevo che l’odio seminato a piene mani in Italia desse dei frutti avvelenati».

Sotto voce, qualcuno teme che un episodio come quello di Bologna segni il ritorno di una sorta di nuova «strategia della tensione». È anche la sua preoccupazione?
«L’espressione "strategia della tensione" mi sembra impropria. Ma non direi la verità se negassi che sono molto preoccupato. Già commentando l’arresto a Milano del terrorista sospettato per le stragi di Madrid, avevo visto un’Italia nel mirino del terrorismo internazionale, perché in prima linea. Ecco, ho l’impressione che alla regia di queste grandi centrali eversive estere, possa affiancarsi l’attività di un terrorismo nostrano che non è ancora stato del tutto debellato. Ripeto: stavolta è stata una bomba-carta. Ma questo gesto criminale ci deve far pensare, e ripensare all’odio che si sprigiona contro gli avversari».

Sergio Cofferati, candidato del centrosinistra a sindaco di Bologna, sostiene che si vogliono condizionare le elezioni in città e a livello nazionale.
«Bah. Credo che il problema sia più generale di una campagna elettorale. Riguarda piuttosto il nervosismo di una società italiana che tende a vedere ogni elezione come un giudizio universale: mentre non è così».

Quando lei parla di odio, si riferisce a quello contro il governo?
«No , mi riferisco a un umore generalizzato che non mi piace. Una classe politica seria dovrebbe misurare le parole, mantenere la polemica in un ambito fisiologico. E, invece, si tende ad esagerare sempre. Si passa il segno».

Di qui alle elezioni del 12 e 13 giugno, teme altri atti terroristici?
«Non metto la mano sul fuoco su niente. Invidio chi ha certezze da regalare. Mi permetto solo di invitare i cittadini ad aumentare la vigilanza».

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