Da Corriere della Sera del 17/06/2004
Casa Bianca sotto accusa per l’11 settembre
Il rapporto della Commissione del Congresso: «Totalmente impreparati». «Saddam non aiutò a organizzare gli attacchi»
di Ennio Caretto
WASHINGTON - La Commissione inquirente sull’11 settembre mette sotto accusa l'intera amministrazione Bush, dalla Cia alla Casa Bianca, dall'Fbi al Pentagono. Non le rinfaccia solo di essere caduta in preda al caos subito dopo l'attentato, consentendo così ai terroristi di colpire il Pentagono cinquanta minuti più tardi. Smentisce anche che ci fossero dei legami tra Bin Laden e Saddam Hussein e anzi afferma che il raìs respinse le avances del capo di Al Qaeda. E' un brutto colpo per la credibilità del presidente Bush, che l'altro ieri aveva ribadito i legami tra il raìs e il terrorista. Ma Bush lo ignora: in un discorso dalla base militare di MacDill in Florida trasmesso alle forze armate Usa in tutto il mondo, insiste che «contribuendo alla democrazia in Afghanistan e in Iraq, voi offrite ai loro popoli un'alternativa all'odio e all'oppressione che alimentano il terrorismo».
Sono la pubblicazione di alcuni estratti del rapporto preliminare della Commissione e un'audizione al Congresso (la penultima, l'ultima si terrà oggi) a privare Bush, che perse già quella delle armi di sterminio di Saddam, dell'altra giustificazione della guerra all'Iraq, la santa alleanza con Al Qaeda. Nel '94, riferisce la Commissione, quando si trovava in Sudan Bin Laden chiese al raìs di assegnargli una zona per aprirvi campi di addestramento dei terroristi, ma non ottenne risposta. Successivamente «ebbe forse nuovi contatti con l'Iraq ma senza esito». La Commissione traccia un quadro angosciante di Al Qaeda: ventimila uomini addestrati dal '96; «un ambizioso piano tuttora valido» di attentati con armi chimiche, batteriologiche e nucleari; cellule in tutti i continenti. E ammonisce che si accinge a colpire l'America «nelle prossime settimane o mesi». Un agente della Cia, «Dr. K.», dichiara in audizione che «Al Qaeda non è affatto sconfitta, e anche se lo fosse il movimento jihadista non finirebbe, potrebbe nascere un altro Bin Laden».
Segue poi la ricostruzione del giorno delle stragi, costato ai terroristi mezzo milione di dollari. La Commissione rimprovera al Pentagono di non avere utilizzato i caccia contro gli aerei dirottati e di aver trasmesso troppo tardi ai piloti l'ordine di abbatterli da parte del vicepresidente Cheney. E rimprovera alla Casa Bianca di non avere avvertito subito Bush, in Florida, e di averlo tenuto in volo su Air Force One per parte della giornata «aggravando la sensazione che i leader fossero nel caos». Infine rivela retroscena spaventosi. L'architetto degli attentati, Khalid Sheikh Mohammed, voleva usare 10 apparecchi e non 4, con 26 dirottatori e non 19. Tra i suoi bersagli figuravano Casa Bianca, Congresso, una centrale nucleare, un grattacielo a Los Angeles e uno a Seattle. Lui stesso avrebbe pilotato un aereo, ucciso tutti i passeggeri maschi, e una volta atterrato avrebbe rilasciato le donne e i bambini e fatto un discorso di denuncia all'America. Fu Bin Laden a ridimensionare il piano in seguito ai contrasti tra due esecutori, Mohammed Atta e Ziad Jarrah.
Il rapporto finale della Commissione, composta da cinque repubblicani e cinque democratici, è atteso il 26 luglio, in concomitanza con l'apertura della Convention di John Kerry, l'avversario elettorale di Bush. L'audizione di oggi riguarderà la Casa Bianca e la sua negligenza dei segnali lanciati da Al Qaeda fin dai primi Anni ’90: l’organizzazione di Bin Laden avrebbe partecipato persino alla strage dei soldati americani a Mogadiscio nel '93. E' l'estrema mina vagante per Bush nell'arcipelago del voto di novembre. La Commissione sembra credere che le operazioni di Al Qaeda fossero tutt'altro che perfette - l'attacco alle Torri venne rinviato alcune volte - e che potessero essere in parte prevenute. La linea di difesa di Bush è invece che nessuno poteva prevederle, e che «combattendo il terrorismo in terre lontane si protegge l'America da nuovi attacchi». Il presidente preferisce concentrarsi sull'Iraq dove, ha avvertito ieri, «gli attentati si intensificheranno con il passaggio dei poteri agli iracheni».
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