Da Corriere della Sera del 16/09/2004

«Per combattere il terrorismo non si può rinunciare all’equilibrio tra i poteri»

Bush: la riforma di Putin può minare la democrazia

Preoccupazione del presidente per le misure annunciate da Mosca

di Ennio Caretto

WASHINGTON - Per il secondo giorno di fila l’America critica Putin. Dopo il segretario di Stato Colin Powell, è la volta del presidente Bush. «Temo - dichiara Bush - che le sue misure minaccino la democrazia. Ma quando un governo combatte i nemici della democrazia deve seguire i principi della democrazia» Il presidente sta parlando della «Russia in lutto per la strage di Beslan» agli ispano-americani convenuti alla Casa Bianca per celebrare la loro etnia. Ricorda di avere telefonato a Putin qualche giorno fa «per dirgli che siamo con lui, a spalla a spalla, nella lotta contro il terrorismo, che detestiamo quanti uccidono dei bambini innocenti per raggiungere i loro cupi fini».

Fa una pausa: «Ma da allora - riprende - si è sviluppata in me l’apprensione per le sue decisioni. Le grandi democrazie devono avere un equilibrio di potere tra governo centrale e governi locali e tra potere esecutivo e potere esecutivo e potere giudiziario».

Il richiamo di Bush al presidente russo è tardivo, ma non potrebbe essere più chiaro. E’ stato preceduto da una secca dichiarazione del portavoce Scott McCellan: «Abbiamo delle preoccupazioni per gli eventi in Russia e abbiamo chiesto informazioni». Ed è stato sollecitato da un aspro editoriale del Washington Post sul silenzio di Bush i primi giorni. «Al pari di altri dittatori - ha scritto il giornale - Putin sta imparando che Bush parla con passione della libertà ma non significa che voglia difenderla in pratica». E ha aggiunto: «Dovrebbe fare come John Kerry, che si è impegnato a lavorare con la Russia contro il terrorismo ma si è detto profondamente allarmato delle misure di Putin per limitare le libertà democratiche e per centralizzare ulteriormente il potere».

Sul ripensamento di Bush sembra avere influito anche il suo guru elettorale Karl Rove. Dopo la tragedia di Beslan, Bush aveva solo espresso solidarietà con Putin, nessuna critica. A Rove era parso un errore rispetto alla posizione di Kerry che si era spinto molto avanti: «La Russia sarà un partner molto più efficace nella lotta al terrorismo se il governo sarà trasparente, aperto alle critiche, rispettoso della legge, dei diritti umani e dei suoi cittadini inclusi quelli della Cecenia. Fingere di non vedere ciò che accade, come sta facendo l’amministrazione, non è nell’interesse né nostro né dei russi».

Nel discorso alla Casa Bianca, tuttavia, il presidente non rinnova la richiesta, avanzata da Powell due settimane fa, che Putin cerchi una soluzione politica alla crisi cecena. La sua è una messa in guardia, osserva la Casa Bianca, non un ultimatum. A differenza di Kerry, Bush non intende porre Putin con le spalle al muro, ritiene la sua collaborazione essenziale in tutti i campi. La Casa Bianca non esclude che il presidente telefoni al leader del Cremlino, ma se ciò avvenisse, lamentano i democratici, sarebbe solo un tentativo di minimizzare i contrasti: Bush non vorrebbe creare un «problema russo» alla vigilia delle elezioni in America a novembre e in Iraq a gennaio.

Con le dichiarazioni di Bush, Rove spera di avere tolto un’arma elettorale, sia pure secondaria, a Kerry. Una buona parte degli americani non condivide il «feeling» che il presidente pare nutrire per Putin, di cui disse al primo incontro in Slovenia nel 2001: «Gli ho letto nel cuore, posso fidarmi». Lo spettro di un ritorno della dittatura in Russia allarma gli indecisi, oltre che gli anticomunisti. E nei sondaggi, gli indecisi, il 10-15% degli elettori sono già dalla parte di Kerry.

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