Da Corriere della Sera del 16/10/2004
Per la prima volta il premier polacco annuncia pubblicamente una data
Iraq, all’inizio del 2005 Varsavia inizierà il ritiro
Belka: «Non resteremo un’ora più del necessario»
di Cecilia Zecchinelli
La Polonia non resterà in Iraq «un'ora più di quanto sia ragionevole» e «ridurrà il suo contingente a partire dall’inizio del 2005, per procedere poi ad ulteriori riduzioni». Dopo settimane di incertezza, dichiarazioni e smentite da parte del governo di Varsavia, è stato il premier Marek Belka, ieri, a chiarire in Parlamento la strategia che verrà adottata nel Paese arabo. Poche parole subito prima del cruciale voto di fiducia al suo governo di minoranza, ottenuta in serata con 234 voti contro 218, in un clima che resta di forte incertezza. Al potere da maggio, Belka si è scontrato fin dall’inizio con la difficile situazione economica interna e con la crescente opposizione popolare alla presenza delle truppe in Iraq, data negli ultimi sondaggi al 73%. Un’opposizione che contrasta con la linea seguita finora dal governo polacco, considerato il più affidabile alleato degli Usa in Iraq, dove è presente con 2.500 uomini nella regione centro-sud, da cui comanda una forza multinazionale di 8 mila militari. Ma proprio Belka, che per gran parte del 2003 ha lavorato in Iraq con l’amministrazione provvisoria Usa, è diventato il primo leader della Coalizione dei volenterosi (dopo l’abbandono della Spagna e di alcuni alleati minori) a fissare pubblicamente una data per l’inizio del ritiro, già ventilato ma mai ufficializzato.
«Non resteremo in Iraq un'ora in più di quanto sia necessario per centrare l'obiettivo della nostra missione: restituire l'Iraq al suo popolo e dare sicurezza al mondo», ha detto ancora Belka ieri. Senza fissare una data precisa, quindi, per la fine del ritiro, che molti ritengono avverrà entro fine 2005. In questo senso si era espresso senza mezzi termini il ministro della Difesa, Jerzy Szmajdzinski, che dieci giorni fa aveva dichiarato: «Indipendentemente dallo sviluppo della situazione, lasceremo l’Iraq entro il dicembre 2005». Smentito, ma nemmeno del tutto, aveva fatto una semi marcia indietro. Ma ancora qualche giorno fa fonti vicine al governo avevano dichiarato che il ritiro sarebbe avvenuto dopo le elezioni irachene di gennaio.
Dall’Iraq continuano intanto ad arrivare segnali che la normalizzazione è ben lontana. Ieri si è saputo che i 17 uomini di un plotone della riserva dell’esercito Usa sono stati messi agli arresti per essersi rifiutati di partire in una «missione suicida» per consegnare carburante a nord di Bagdad. Un’infrazione grave della disciplina militare su cui il commando Usa sta ora indagando.
«Non resteremo in Iraq un'ora in più di quanto sia necessario per centrare l'obiettivo della nostra missione: restituire l'Iraq al suo popolo e dare sicurezza al mondo», ha detto ancora Belka ieri. Senza fissare una data precisa, quindi, per la fine del ritiro, che molti ritengono avverrà entro fine 2005. In questo senso si era espresso senza mezzi termini il ministro della Difesa, Jerzy Szmajdzinski, che dieci giorni fa aveva dichiarato: «Indipendentemente dallo sviluppo della situazione, lasceremo l’Iraq entro il dicembre 2005». Smentito, ma nemmeno del tutto, aveva fatto una semi marcia indietro. Ma ancora qualche giorno fa fonti vicine al governo avevano dichiarato che il ritiro sarebbe avvenuto dopo le elezioni irachene di gennaio.
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