Da La Repubblica del 31/10/2004

Il regime punta sul delfino del presidente Kuchma. A Kiev 40 mila soldati pronti alla repressione

L´Ucraina al voto tra i brogli opposizione pronta alla rivolta

Il leader dei democratici: "Se le urne non mi daranno la vittoria useremo anche la forza per far rispettare la volontà popolare"
La campagna elettorale segnata da arresti, pestaggi e giornali chiusi. Proteste per l´appoggio di Putin al candidato governativo

di Giampaolo Visetti

KIEV - Il regime tinteggiato di democrazia da Leonid Kuchma termina oggi in Ucraina con una certezza: non saranno elezioni presidenziali corrette. Pressioni e falsità sono tali che la popolazione del secondo Paese più vasto dell´ex Urss e dell´Europa non sussurra più. Alza la voce anche al mercato, se chiedi chi vincerà. Ormai lo confessano gli stessi veterani precettati, che tre quarti degli ucraini non sopportano più gli oligarchi e gli squadristi del vecchio leader post comunista al potere da dieci anni. Non uno, nelle misteriose basiliche ortodosse che custodiscono l´anima di Kiev, scommetterebbe una grivna sulla vittoria di Viktor Yanukovich. Il tirapiedi del presidente, capo del governo da due anni, è popolare come Stalin. Giorni fa, quando i suoi due metri sono stati abbattuti da un uovo lanciato per strada da un bambino, sui tavoli delle birrerie ridevano anche gli ubriachi addormentati. Eppure, votasse scheda bianca anche sua moglie, questa sera le urne offriranno al pupillo di Putin la possibilità di giocarsi almeno il ballottaggio. Dalla sfacciataggine dei brogli, sotto gli occhi di 2500 osservatori di Osce, Nato e Consiglio europeo, dipende l´epilogo del voto. Se le autorità tenteranno una prova di forza, azzardando un trionfo di Yanukovich con milioni di schede pre votate, la gente scenderà in piazza subito. Se il timore di sanzioni internazionali consiglierà di barare con prudenza, la resa dei conti è rinviata al 21 novembre.

Dopo l´assalto alla commissione elettorale centrale, 150 mila persone una settimana fa, l´ultimo appello di Viktor Yushenko è stato chiaro. «Se non vinco con i voti - ha detto il leader dell´opposizione apparendo in un caffè del centro - gli ucraini faranno rispettare la volontà popolare con la forza». L´ex premier e governatore della banca centrale, dimesso da una clinica austriaca dopo un ambiguo tentativo di avvelenamento, è pronto allo scontro. La capitale, i villaggi della Galizia e la minoranza russofona della Crimea, si preparano ai disordini facendo scorta di lardo e dollari. In una notte, attorno al palazzo brezneviano della commissione elettorale, è stato montato un invalicabile cancello di ferro. All´alba, giurano i democratici dell´opposizione, potrebbe partire da qui la rivolta. Temendo il concepimento di una rivoluzione, come in Serbia, o in Georgia un anno fa, Kuchma ha seguito i consigli del Cremlino. Giovedì, fingendo di festeggiare per la prima volta l´anniversario della cacciata dei nazisti, ha organizzato una imponente parata militare. Lungo il fiume e tra le colline di Kiev attendono ora 40 mila soldati e centinaia di mezzi militari. I 33 mila seggi somigliano a caserme chiamate all´adunata. Il vecchio establishment, garante del clan dell´acciaio della regione di Donetsk, per salvarsi può accettare solo di vincere. La nuova classe dirigente, cresciuta sulle denunce della corruzione e sulle promesse di democrazia, per scampare le vendette è costretta a prendere il potere. Cinquanta milioni di ucraini, al confine tra Russia e Unione europea, vivono nel terrore e nella speranza l´ora in cui nessuno accetterà i risultati delle urne.

Il colpo di scena potrebbe infine riservarlo l´azienda elettrica. Le autorità, informando di lavori, hanno annunciato possibili black out. Alla lettura degli exit poll seguirebbe una notte senza luce e priva di rete per i telefoni. L´avviso di una sorta di coprifuoco ha causato un imprevisto terremoto. Sette giornalisti del primo canale televisivo si sono dimessi. «Non possiamo più coprire - hanno dichiarato - un potere che usa i media contro il proprio popolo». Centosessanta giornalisti hanno firmato una denuncia contro la censura. La campagna elettorale, per repressione e abuso della macchina amministrativa, ha avuto poco da invidiare alla Bielorussia. Anche qui arresti, minacce, pestaggi, giornali chiusi, perquisizioni. Non sostenere Yanukovich, due milioni di dollari solo in manifesti e due condanne penali alle spalle, è costato il posto di lavoro, la casa, la carriera, la promozione agli esami dell´università. L´unica tivù pro Yushenko, a due settimane dalle elezioni, è stata oscurata per presunte irregolarità fiscali. Tra i 24 candidati, il 90% dello spazio informativo è stato occupato dal delfino di Kuchma. Del 6% riservato all´unico sfidante reale, il 4% è servito per criticarlo. Silenzio su Georghij Gongadze, il giornalista indipendente assassinato dopo le denunce contro il presidente. Prime pagine invece tutte per Shevchenko, il campione del Milan diventato papà: si candidasse lui, sarebbe plebiscito.

La durezza della repressione rivela come la posta in gioco non sia solo la guida del Paese. A sostegno della continuità del potere, della staffetta Kuchma-Yanukovich, è sceso in campo lo stesso presidente russo. Tre giorni di visita ufficiale, a poche ore dal voto, e un´ora di dialogo con gli ucraini in diretta tivù. Ottantamila telefonate, un delirio di ammirazione e la conferma che Vladimir Putin può tornare a parlare da padrone nella repubblica ex sovietica che per prima rivendicò l´indipendenza. Nelle stesse ore, da Occidente, la lettera di critica degli ambasciatori Ue e le minacce Usa in caso di voto anti-democratico. Su Kiev è puntato il gomito del rinnovato braccio di ferro tra Est e Ovest, che si gioca materie prime, mercati, sfere di influenza. Il riformista Yushenko, nazionalista euro-entusiasta e con una moglie americana che ha lavorato al dipartimento di Stato con Clinton, promette di avvicinare l´Ucraina a Ue, Nato e Wto. Il cremliniano Yanukovich, incoronato erede di Kuchma da un invito nella dacia di Putin per il compleanno, assicura invece la tutela degli interessi russi nel Paese e il sostegno ucraino alla nuova comunità economica comune (con Bielorussia e Kazakhstan) guidata da Mosca. La guerra fredda si riaffaccia bollente: lardo e dollari contro petrolio e rubli.

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