Da La Repubblica del 20/11/2004

L´America contro l´America

di Timothy Garton Ash

L´antiamericanismo comincia a preoccuparmi sul serio. Quello diffuso in America, intendo. Cito qui solo qualche esempio di battute e epiteti che ho sentito in giro per l´America blu, vale a dire liberal, nelle due settimane successive alla vittoria elettorale di George W. Bush. «La verità è che sono solo stupidi» (un newyorkese riferendosi agli abitanti degli stati rossi, ovvero conservatori). «I serpenti». «Fascismo». «Fascismo cristiano». «Volevo fare un film sui tempi in cui i giovani americani combattevano contro il fascismo, non per il fascismo» (un produttore che spiegava il motivo per cui aveva commissionato un film sulla guerra civile spagnola).

Per qualche giorno dopo l´ammissione della sconfitta da parte di John Kerry, ho sentito democratici ventilare la possibilità di brogli. Le macchine per il conteggio automatico dei voti erano fabbricate da un simpatizzante repubblicano, forse erano state programmate per sfavorire i democratici. Gli exit poll condotti dai democratici li davano in netto vantaggio in contee in cui poi sono stati sconfitti. E via discorrendo.

C´è chi si è sentito in dovere di scusarsi con il resto di noi. Entrando nel sito sorryeverybody.com vi apparirà un giovane americano che regge un cartello scritto a mano con su scritto «Scusa mondo (ci abbiamo provato) - firmato: la metà dell´America». Altri, disperati, parlavano di emigrare. Il conduttore di una radio liberal mi raccontava che ha iniziato a dare un´occhiata a delle case in Nuova Zelanda. «Certo», mi ha confermato un altro giornalista, «molti miei amici parlano della Nuova Zelanda».

Il numero dei visitatori del sito canadese dedicato all´immigrazione è lievitato dando un nuovo significato alla vignetta che mostrava gli Stati blu della costa occidentale e nord orientale (il colore blu è quello che storicamente viene utilizzato per indicare gli stati a maggioranza democratica, in opposizione al rosso di quelli a maggioranza repubblicana) uniti al loro vicino del nord negli "Stati Uniti del Canada", e separati dalla "Jesusland" del sud. Si ironizza anche sulla secessione del nord blu dagli Stati meridionali della confederazione, un capovolgimento della storia della guerra civile americana.

«Per anni ho guardato con superiorità ai paesi che mischiano religione e politica - come quelli mediorientali - e adesso noi siamo diventati così», ha scritto alla Cnn Heather, da Lafayette. La destra ha attribuito questa vittoria al trionfo dei "valori morali" (abbasso l´aborto, i matrimoni gay, la ricerca sulle cellule staminali e il controllo delle armi), e un lettore ha scritto al New York Times che davvero i valori erano il tema centrale.

Ma i valori in questione sono quelli della modernità liberale, laica che ha definito ed animato la cultura occidentale nel corso dell´ultimo secolo di progresso sociale ed economico e che ora sembra minacciata dall´interno almeno nella stessa misura in cui gli Usa subiscono la minaccia di forze quali l´Islam radicale.

Vista dall´esterno questa incredulità, disperazione e autoflagellazione può sembrare un po´ isterica, ma, come ha replicato un amico alla mia osservazione, noi non siamo costretti a convivere con le conseguenze, come gli americani. Inoltre, anche se gli americani rivolgono agli Usa esattamente le stesse critiche avanzate da molti europei non significa che gli europei non siano potenzialmente antiamericani. Talvolta la differenza tra una barzelletta sugli ebrei e una barzelletta antisemita sta in chi la racconta.

Dovremmo guardarci da quelle che il filosofo Henri Bergson definì «le illusioni del determinismo restrospettivo». Non è successo nulla di ineluttabile. Nella società americana si è verificato negli ultimi anni probabilmente un ulteriore modesto spostamento in direzione del conservatorismo religioso, nazionalista. Ma 59,7 milioni di voti contro 56,2 non significano un trionfo elettorale. Il rosso non ha sommerso il blu.

Se i democratici avessero messo in campo un candidato migliore, più affabile, più accattivante agli occhi del sud, avrebbero potuto vincere. Presentare un intellettuale miliardario di Boston era un po´ come se i Tories proponessero come primo ministro un vecchio agente di cambio etoniano. Come ha osservato Graydon Carter di Vanity Fair, la lezione da trarre è semplicemente che i democratici dovrebbero mettersi in cerca di un uomo con l´accento strascicato e una fattoria, che abbia l´aspetto dell´americano medio e giochi a palla in cortile. (Detto per inciso la descrizione non corrisponde a Hillary Clinton, che probabilmente avrebbe migliori opportunità se si candidasse alla presidenza dell´Europa).

Rosso e blu sono quindi più mescolati di quanto indichi la famosa mappa. In una versione di quest´ultima i due colori sfumano in un marrone rossiccio sulla linea di separazione del voto popolare in vari Stati. E il fatto che gli americani si spostino così tanto all´interno del loro paese, con una mobilità della manodopera che è l´invidia dell´Europa, significa che molti hanno trascorso parte della vita in Stati rossi e parte in Stati blu. Quando i figli torneranno alle case paterne per il giorno del ringraziamento il prossimo giovedì, ci sarà sangue sul tacchino se la conversazione cadrà sulla politica.

Detto questo, resta il fatto che l´America è oggi uno dei paesi più profondamente divisi tra tutte le democrazie liberali del mondo. Seguendo il dibattito in corso sul sito indicato in calce a questo articolo, mi ha impressionato come le dispute più accese, più aspre, non si svolgano tra europei e americani ma tra americani e americani. Gli Usa sono divisi non solo su quello che l´America dovrebbe fare, ma su quello che l´America dovrebbe essere. Se Bush nominerà alla Corte Suprema giudici che, ad esempio, intendono bandire i matrimoni gay o l´aborto, potrebbe spaccare il paese come è avvenuto per altre nomine in passato (ricordate Clarence Thomas? E Robert Bork?) Se confermati, giudici simili potrebbero spingere a destra la corte per una generazione.

Ci sarà forse presto da combattere per mantenere la rigida separazione tra chiesa e stato nelle intenzioni dei padri fondatori, o detta in altri termini, per difendere l´eredità dell´illuminismo. Non meraviglia che l´umore dei liberal americani sia in tinta col colore politico (blue). Ma c´è una consolazione. La dicotomia tra l´America rossa e quella blu, per quanto esagerata, significa che nessuno, se ben informato, può identificare l´America di Bush con l´America. Se l´occidente è diviso, lo spartiacque corre nel bel mezzo dell´America.

E, sull´altra sponda dell´Atlantico, attraverso l´Europa. Noi non abbiamo più molti fondamentalisti cristiani. In paragone alla destra religiosa americana Rocco Bottiglione è un pericoloso liberale. Ma abbiamo i fondamentalisti islamici, sempre più numerosi. E, vorrei dire, abbiamo i fondamentalisti laici: gente che crede che vivere secondo i principi dell´Islam o di altre religioni sia incompatibile con la piena realizzazione dell´uomo e vuole che lo Stato legiferi di conseguenza e educhi in questo senso i cittadini. Mentre ero in America le possibili conseguenze si sono verificate nel sangue sulle strade della prospera, pacifica, tollerante Olanda, con l´omicidio del cineasta Theo van Gogh e la rappresaglia a spese di una scuola islamica. Se l´America ha le sue guerre culturali, il suo Kulturkampf, noi non siamo da meno. E le nostre guerre potrebbero rivelarsi più sanguinose.

Così le espressioni di solidarietà da parte europea dopo gli attacchi terroristici del settembre 2001 («nous sommes tous Americains») dovrebbero acquistare un nuovo significato e un nuovo contesto dopo le elezioni del 2 novembre 2004. Bisogna che le mani si stringano al di là del mare per un causa antica: la difesa dell´illuminismo. Siamo tutti americani blu ora.

www.freeworldweb.net
Annotazioni − Traduzione di Emilia Benghi.

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