Da La Stampa del 21/03/2005

Ma il compito e’ immane, visto che Kim Jong Il sembra non avere niente da perdere

L’America chiede alla Cina di domare Pyongyang

Gli Stati Uniti temono che una crisi militare crei un'ondata di panico micidiale per le Borse a Tokyo e Wall Street. Soltanto i cinesi potranno convincere i coreani a trattare sul nucleare

di Francesco Sisci

PECHINO - Per la Cina è uno dei passaggi più delicati. Mentre gli Usa sentono che la questione irachena sta tornando sotto controllo e sono sempre più preoccupati e attivi contro la vendita di armi europee a Pechino, la Cina sa che il futuro dei suoi rapporti con l'America e con il Giappone passa dalla sua capacità di riuscire a portare la Corea del Nord a smantellare i suoi armamenti militari. Un compito immane, visto che Kim Jong Il, il leader nord coreano, isolato dal mondo, alla testa di un Paese miserrimo, sembra non avere niente da perdere.

Così l'agenzia ufficiale Nuova Cina ha avuto ordine di non aspettare. Per l'incontro tra il Segretario di stato americano Condoleezza Rice e il premier cinese Wen Jiabao nel pomeriggio prima della conclusione usciva già un dispaccio molto cerimonioso nei confronti dell’ospite. «Lei è venuta di primavera, la stagione della semina. Ci auguriamo così che lei possa piantare il seme dell'amicizia tra Cina e America» la salutava Wen. Al che la Rice, secondo Nuova Cina, rispondeva: «Gli Stati Uniti sperano che la Cina possa diventare un partner costruttivo e affidabile per affrontare insieme le molte sfide e opportunità globali e della regione dell'Asia Pacifico».

Al di là dei convenevoli la tappa cinese della Rice - che nei giorni scorsi è stata in India, Pakistan, Afghanistan, Giappone e Sud Corea - è il clou del suo primo viaggio in Asia come segretario di Stato. La Cina è infatti, secondo gli Stati Uniti, il Paese che ha maggiore influenza sulla Corea del Nord. Pechino è l'unico che può riportare Pyongyang al tavolo delle trattative a sei (Usa, Cina, Giappone, Russia e due Coree).

La Corea del Nord il 21 febbraio ha chiesto garanzie di sicurezza agli Usa come precondizione per tornare ai colloqui. A gennaio proprio la Rice aveva accusato Pyongyang di essere un «avamposto di tirannia».

La Corea del Nord rappresenta oggi forse la più grave minaccia alla pace del mondo. Pyongyang è dotata di armi nucleari, di missili capaci di colpire sicuramente il Giappone probabilmente la California e ha una classe politica che molte volte in passato ha dimostrato di essere pronta a ogni gesto di attacco. Nessuno degli altri «stati canaglia» della lista americana è potenzialmente così pericoloso.

Inoltre, Pyongyang è vicina ad alcune delle più importanti e vitali economie del pianeta. Una crisi militare creerebbe un'ondata di panico in Giappone che potrebbe travolgerne la borsa trascinando con sé la finanza americana. Il Giappone è il maggiore acquirente di titoli del tesoro Usa.

La Rice ieri a Pechino non ha dato garanzie a Pyongyang ma ha presentato un volto più benevolo al Nord Corea. Ha spiegato che gli Usa non intendono attaccare il Nord Corea, che possono fornire garanzie di sicurezza e concedere aiuti economici se Pyongyang abbandonerà il suo programma di armamento militare. Sud Corea e Cina avevano particolarmente insistito su un approccio più morbido con Pyongyang. La Rice ha detto di sperare di affrontare le questioni bilaterali con la Cina «in uno spirito di cooperazione e rispetto». Al di là delle formule diplomatiche i due Paesi vogliono capire in che misura e come possono collaborare per risolvere la questione Nord Coreana.

La Rice né ieri né oggi dovrebbe sollevare con forza la questione pure spinosa della legge contro la secessione di Taiwan, approvata la settimana scorsa dal parlamento cinese.

La legge, che ha suscitato forti proteste a Taiwan e anche in Giappone, di fatto obbliga la Cina a un intervento militare se Taiwan dichiarasse l'indipendenza formale dal continente.

Molti attivisti americani hanno protestato contro la legge ma Washington ha messo la polemica sotto tono in cambio, pare, di una più fattiva collaborazione cinese per la Corea del Nord.

Secondo alcune voci, inoltre Cina e Usa starebbero discutendo un più ampio accordo che impegna Pechino per riforme politiche. In cambio gli Usa quest'anno non presenteranno all'Onu una mozione contro gli abusi dei diritti umani in Cina.

Di certo nei giorni scorsi Pechino ha rilasciato un dissidente, in prigione perché attivista per l'indipendenza del Xinjiang, la regione più occidentale della Cina.

Studiosi cinesi sono però scettici sulla capacità di intervento e di pressione di Pechino sul Nord Corea. La Cina è il Paese che offre maggiore assistenza a Pyongyang, ma i rapporti si sono molto deteriorati negli ultimi anni. Come gesto simbolico Pyongyang ha mandato a Pechino un ambasciatore che non parla cinese o inglese, ma solo francese.

Pechino d'altro canto teme che in caso di pressioni eccessive si potrebbero compromettere le relazioni con la Corea in una maniera simile con quanto accadde con il Vietnam. Quest'ultimo nel 1978 subì un attacco punitivo da parte della Cina, con un accordo più o meno tacito proprio con gli Stati Uniti.

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