Da La Repubblica del 16/04/2005
Cibo, lo spreco quotidiano
Italia: 4 mila tonnellate al giorno nei rifiuti, 27 ai poveri. Il record inglese
Quattro miliardi di euro: è il valore degli alimentari che ogni anno gettiamo via Ma una parte si riesce a "salvare"
In Gran Bretagna la quantità di merce che finisce tra gli scarti sarebbe sufficiente a sfamare 150 milioni di persone nel mondo
Il Banco alimentare recupera da mense, aziende e supermercati 53 mila tonnellate di alimentari destinate agli indigenti
di Caterina Pasolini
ROMA - Pane frutta, verdura, latte, carne e biscotti buoni eppure buttati via a tonnellate. Una montagna di cibo che servirebbe a sfamare un esercito di poveri, finisce invece quotidianamente nella spazzatura. Gettata o persa nella trafila dal campo al nostro frigorifero per incuria, disorganizzazione, leggi di mercato o consumismo. Ogni anno in Italia viene sprecato cibo commestibile per 1,5 milioni di tonnellate: ha un valore di 4 miliardi di euro, la metà di quanto diamo in aiuti internazionali secondo l´Ocse.
Ogni giorno nelle discariche si gettano 4mila tonnellate di alimenti mentre solo 27 finiscono ai poveri. Raccolte da organizzazioni come "Il Banco alimentare" che di questa lotta allo spreco ha fatto una battaglia di civiltà: nel 2004 ha distribuito più di 50mila tonnellate di cibo, garantendo un pasto a più di un milione e duecentomila persone bisognose nel nostro paese.
Ed è forse anche per questo che nella desolante statistica delle nazioni sprecone, in un mondo dove ogni anno muoiono di fame 5 milioni di bambini e anche nei paesi industrializzati salgono gli indici di povertà, c´è chi ci supera.
Se in America viene gettato il 45 per cento dei cibi, in Inghilterra vengono scartate ogni anno 3,4 milioni di tonnellate di alimenti. Così dice una ricerca pubblicata dal quotidiano Indipendent che descrive una Gran Bretagna dove lo spreco annuale alimentare è pari a 30 miliardi di euro, cinque volte più della somma che il paese spende in aiuti internazionali. Una fortuna insomma, che l´Onu giudica sufficiente per salvare dalla fame ogni anno 150 milioni di persone in Africa.
In Inghilterra il Banco alimentare non c´è. Nato negli anni ‘60 in Arizona, ora è attivo in dodici paesi europei. In Italia c´è dall´89 per iniziativa di Danilo Fossati, presidente della Star, e di Don Giussani, fondatore di Comunione e liberazione.
Il Banco raccoglie le eccedenze alimentari di imprese agricole, aziende e supermercati che hanno problemi di stock e le ridistribuisce a 7000 enti che si occupano di assistenza.
«Noi siamo intervenuti cercando di fare in modo che l´eventuale spreco nella filiera agro-alimentare diventasse ricchezza per tutti», dice il presidente Marco Lucchini. Come? Raccogliendo merce che altrimenti sarebbe finita distrutta, anche se commestibile, perché magari di dimensioni o aspetto sgraditi al mercato, per difetti nella confezione, perché prodotto stagionale o perché difficilmente vendibile in prossimità della data di scadenza. Dalle prime seimila tonnellate di cibo raccolti si è passati alle attuali 50mila allargando il giro dei «fornitori». Non più quindi solo aziende, supermercati e la colletta annuale tra clienti dei grandi magazzini per recuperare pasta o frutta, condimenti o pane. Ma anche le mense aziendali e scolastiche, col progetto Siticibo, dalle quali viene recuperato il cibo invenduto che, adeguatamente conservato, viene poi distribuito nelle strutture assistenziali. Con gli avanzi degli alunni milanesi l´anno scorso sono stati serviti 15mila pasti ai poveri.
E anche «Roma non spreca». Venti tonnellate di alimenti in scadenza sono stati ridistribuiti grazie al progetto avviato all´assessorato alle politiche sociali. Perché «pure a Roma, città opulenta e del primo mondo la gente ha fame e la miseria urbana cresce», hanno sottolineato in Comune. Ed è sempre più vero in un Italia dove il 10 per cento vive sulla soglia di povertà. Alle mense di carità non ci sono più solo i barboni, gli immigrati in difficoltà, ma arrivano pensionati, famiglie in crisi economica. «Gente che ora faticherebbe ancor di più se non ci fossero esperienze come il Banco», dice Giuseppe Frangi, direttore di Vita, il settimanale dedicato al volontariato e organizzazioni no profit che ha pubblicato i numeri dello spreco: quei 4 miliardi di euro in alimenti buttati via ogni anno in Italia.
Ogni giorno nelle discariche si gettano 4mila tonnellate di alimenti mentre solo 27 finiscono ai poveri. Raccolte da organizzazioni come "Il Banco alimentare" che di questa lotta allo spreco ha fatto una battaglia di civiltà: nel 2004 ha distribuito più di 50mila tonnellate di cibo, garantendo un pasto a più di un milione e duecentomila persone bisognose nel nostro paese.
Ed è forse anche per questo che nella desolante statistica delle nazioni sprecone, in un mondo dove ogni anno muoiono di fame 5 milioni di bambini e anche nei paesi industrializzati salgono gli indici di povertà, c´è chi ci supera.
Se in America viene gettato il 45 per cento dei cibi, in Inghilterra vengono scartate ogni anno 3,4 milioni di tonnellate di alimenti. Così dice una ricerca pubblicata dal quotidiano Indipendent che descrive una Gran Bretagna dove lo spreco annuale alimentare è pari a 30 miliardi di euro, cinque volte più della somma che il paese spende in aiuti internazionali. Una fortuna insomma, che l´Onu giudica sufficiente per salvare dalla fame ogni anno 150 milioni di persone in Africa.
In Inghilterra il Banco alimentare non c´è. Nato negli anni ‘60 in Arizona, ora è attivo in dodici paesi europei. In Italia c´è dall´89 per iniziativa di Danilo Fossati, presidente della Star, e di Don Giussani, fondatore di Comunione e liberazione.
Il Banco raccoglie le eccedenze alimentari di imprese agricole, aziende e supermercati che hanno problemi di stock e le ridistribuisce a 7000 enti che si occupano di assistenza.
«Noi siamo intervenuti cercando di fare in modo che l´eventuale spreco nella filiera agro-alimentare diventasse ricchezza per tutti», dice il presidente Marco Lucchini. Come? Raccogliendo merce che altrimenti sarebbe finita distrutta, anche se commestibile, perché magari di dimensioni o aspetto sgraditi al mercato, per difetti nella confezione, perché prodotto stagionale o perché difficilmente vendibile in prossimità della data di scadenza. Dalle prime seimila tonnellate di cibo raccolti si è passati alle attuali 50mila allargando il giro dei «fornitori». Non più quindi solo aziende, supermercati e la colletta annuale tra clienti dei grandi magazzini per recuperare pasta o frutta, condimenti o pane. Ma anche le mense aziendali e scolastiche, col progetto Siticibo, dalle quali viene recuperato il cibo invenduto che, adeguatamente conservato, viene poi distribuito nelle strutture assistenziali. Con gli avanzi degli alunni milanesi l´anno scorso sono stati serviti 15mila pasti ai poveri.
E anche «Roma non spreca». Venti tonnellate di alimenti in scadenza sono stati ridistribuiti grazie al progetto avviato all´assessorato alle politiche sociali. Perché «pure a Roma, città opulenta e del primo mondo la gente ha fame e la miseria urbana cresce», hanno sottolineato in Comune. Ed è sempre più vero in un Italia dove il 10 per cento vive sulla soglia di povertà. Alle mense di carità non ci sono più solo i barboni, gli immigrati in difficoltà, ma arrivano pensionati, famiglie in crisi economica. «Gente che ora faticherebbe ancor di più se non ci fossero esperienze come il Banco», dice Giuseppe Frangi, direttore di Vita, il settimanale dedicato al volontariato e organizzazioni no profit che ha pubblicato i numeri dello spreco: quei 4 miliardi di euro in alimenti buttati via ogni anno in Italia.
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