Da La Repubblica del 10/05/2005

La procura di Parma chiede il rinvio a giudizio dell'ex industriale per finanziamento illecito. Ora tocca al gip decidere

Da Parmalat 14 milioni ai politici "Processate Tanzi, non chi incassò"

Dieci milioni giustificati come "acquisto di valori bollati". Due milioni depositati a San Marino
I destinatari delle "dazioni" sono esponenti di quasi tutti i partiti. "Pensavamo fossero fondi personali"

di Luca Fazzo, Marco Mensurati

MILANO - Calisto Tanzi va processato per i soldi pagati ai politici. I politici che li hanno presi, no. È questo il senso dell'atto finale della parte dell'indagine sul crac Parmalat con cui la Procura di Parma si appresta a chiedere il rinvio a giudizio di Tanzi e di tre suoi stretti collaboratori per finanziamento illecito ai partiti. Un documento breve breve, due pagine in tutto firmate giovedì scorso dal procuratore Vito Zincani, che però rende con rara potenza descrittiva quanto è accaduto negli anni attorno al sogno della multinazionale del latte, quel balletto di potenti e uomini d'affari che ha contribuito, insieme con una gestione industriale e finanziaria spericolata, al collasso finale del gigante.

La Procura ha ricostruito una valanga di soldi versata negli anni praticamente a tutti: a destra e a sinistra, a parlamentari, a ministri, a consiglieri comunali, a canditati, a rappresentanti di partito, a portaborse. Una valanga di soldi che per la prima volta, dopo mesi di lavoro, viene quantificata in maniera ufficiale: quattordici milioni sono usciti dalle casse della malconcia Parmalat e finiti nelle tasche dei politici di tutto il Paese. I nomi e i cognomi, che compaiono nel capo d'imputazione stilato dalla Procura, sono però solamente quelli di chi ha pagato. E non anche di chi ha ricevuto.

Tanzi aveva indicato, tra gli altri, anche personaggi di primo piano, come Berlusconi, Casini, Alemanno, La Loggia, Prodi, D'Alema, De Mita. Molti di loro sono stati interrogati nei mesi scorsi: non in veste di indagati, come accadeva ai tempi di Mani Pulite, ma di semplici testimoni. Quasi tutti hanno ammesso i contributi, anche se a volte (come nel caso di Prodi) ne hanno ridimensionato l'importo. Difficile, per ora, dire perché la Procura abbia deciso di tenere i politici fuori dal capo d'imputazione depositato nei giorni scorsi. Si può ipotizzare che alcuni abbiano spiegato di avere ricevuto il denaro in tempi troppo remoti, e quindi la loro posizione è ormai prescritta; e che altri abbiano detto di avere ricevuto senza sapere che quel denaro provenisse dalla Parmalat, pensando piuttosto a un legittimo «aiuto» uscito dai risparmi personali dell'amico Calisto. Per altri - come Alemanno e Burlando - la Procura di Parma si è spogliata dell'inchiesta inviandola per competenza al tribunale dei ministri.

Le indagini fin qui condotte hanno però permesso agli investigatori di maturare alcune certezze. Analizzata la struttura, gli inquirenti chiedono di processare Tanzi e i manager perché «a più riprese ed in tempi diversi, anche attraverso l'intermediazione di terze persone rimaste non identificate, corrispondevano, in assenza di delibera dell'organo societario e, comunque, omettendo la registrazione in bilancio, contributi e finanziamenti da parte di Parmalat spa». Questi pagamenti potevano avvenire in tre modi differenti, a seconda delle circostanze e dell'opportunità. Il principale era in contanti, ma spesso si ricorreva anche alle finte consulenze o anche ai finanziamenti sotto forma di inserzioni pubblicitarie. I destinatari? L'elenco fatto dalla Procura è quanto di più completo si possa immaginare: «Partiti politici, loro articolazioni politico-organizzative o raggruppamenti interni; membri del Parlamento nazionale, gruppi parlamentari; consiglieri regionali, provinciali e comunali; candidati alle predette cariche; presidenti, segretari, direttori politici e amministrativi di partiti politici». Il tutto «attraverso plurime dazioni di somme anche di valore non elevato, distribuite ad esponenti di diversi partiti politici». Tre i filoni di approvvigionamento. «Dieci milioni di euro furono prelevati dal ‘93 al giorno del crac in contanti dalle casse e registrati come fondi per l'acquisto di valori bollati; altri due milioni vennero depositati su due conti sanmarinesi; e altri due vennero recuperati attraverso una società del gruppo». Le erogazioni venivano decise da Tanzi in persona, che «individuava i percettori finali delle somme e disponeva le illecite erogazioni».

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