Da La Repubblica del 11/05/2005

Si conclude con un nuovo strappo con Mosca e un bagno di folla nella piazza della "rivoluzione delle rose" la visita in Europa del presidente Usa

"Georgia, siamo al vostro fianco"

Centomila per Bush. "Voi esempio per le nuove democrazie"

di Alberto Flores D'Arcais

TBILISI - L´unica cosa che non ha funzionato è stato l´inno georgiano, quando il disco - che aveva appena eseguito perfettamente quello americano - si è inceppato; al presidente Mikhail Saakashvili è però bastato alzare le braccia per trasformare quel secondo d´impaccio in un coro da stadio, con decine di migliaia di persone a cantare a squarciagola mentre George W. Bush si godeva sull´attenti l´atteso trionfo di piazza.

«L´integrità territoriale della Georgia deve essere rispettata da tutti i Paesi». Un boato ha accolto le parole del presidente americano venuto a portare a Tbilisi l´amicizia dell´America al popolo che diciotto mesi fa piegò il regime autoritario con la «rivoluzione delle rose» - un´America «che è stata e sarà sempre al vostro fianco nella battaglia per la libertà» - parole che sono risuonate come l´ennesimo schiaffo a Vladimir Putin, sui contenziosi territoriali con Abkhazia e Ossezia («che vanno risolti pacificamente») e sulle basi militari russe presenti in Georgia. Un paio d´ore prima, durante la conferenza stampa dei due presidenti, Bush non era stato da meno: «Abbiamo parlato della Nato, il presidente è stato chiaro nelle intenzioni della Georgia di farvi parte. Noi siamo pronti a lavorare insieme per questo obiettivo».

Un uno-due studiato a tavolino per rendere definitivamente indigesto all´"amico Vladimir" il viaggio compiuto in Europa in occasione della vittoria nella "grande guerra patriottica" contro il nazismo; e che dopo il "revisionismo" su Yalta e le battute poco amichevoli sulla mancanza di democrazia in Russia (che Bush e Putin si sono scambiati attraverso interviste tv) rende problematici i rapporti tra la superpotenza Usa e quella Russia, che da tempo superpotenza non è più.

Sulla tappa a Tbilisi, con relativo bagno di folla, la Casa Bianca aveva puntato molto. E quelli che erano chiamati i «napoletani dell´Unione Sovietica» - per il loro carattere gioviale ed aperto, per la loro filosofia di vita e una cultura più simile a quella turco-mediterraneo che a quella slava - hanno ampiamente ripagato l´aspettativa. Sottolineando e interrompendo con gli applausi il discorso di Bush, sventolando migliaia di bandierine a stelle e strisce; in prima fila i giovani così eguali nei vestiti e nelle mode, che amano la star nazionale Kaladze e la Juventus, ma così diversi dai loro coetanei dell´Europa occidentale, dai pacifisti che il presidente americano proprio non lo sopportano.

«Gamarjoba», ha esordito salutando la folla nella lingua locale, «Laura e io siamo orgogliosi di essere qui, a fianco del coraggioso popolo della Georgia, in una piazza che si è guadagnata il nome di piazza della libertà. Quando sedici anni fa migliaia di voi si riunirono sotto la statua di Lenin per chiedere l´indipendenza l´esercito sovietico stroncò la protesta. Ma non riuscì a stroncare lo spirito del vostro popolo».

Dal grande schermo le immagini del presidente americano vengono rimandate su tutta la piazza trapezoidale fino ai tre grandi vialoni dove migliaia di persone che non sono riuscite ad entrare premono ai cancelli che bloccano l´accesso. Un bagno di folla forse ancora più grande del big-bang annunciato da Washington, una festa popolare vera, così diversa e lontana dalla fredda ufficialità della Piazza Rossa.

Alle 8 di mattino (Bush ha iniziato a parlare circa alle due del pomeriggio) un terzo della piazza era già piena. Lunghissime file di bambini, di donne vestite nei colorati abiti tradizionali, di veterani con una dozzina di medaglie appuntate sul petto, hanno pazientemente aspettato il loro turno davanti ai metal-detector dove altrettanto pazienti poliziotti controllavano che nessuno entrasse nella piazza portando oggetti pericolosi.

Un colpo d´occhio incredibile, con una regia oculata che aveva distribuito magliette e cartelli a colorare i due palchi con i colori delle rispettive bandiere nazionali: a sinistra quella a stelle e strisce, a destra quella bianca con croci rosse della Georgia, così simile ai vessilli medievali. Per far trascorrere il tempo alla folla sempre più numerosa, su un grande palco di fronte al podio dove ha parlato Bush per due ore si sono alternati cantanti e ballerini, concerti e balletti: dai bambini mascherati alle danzatrici tradizionali, a un paio di coreografie futuristiche.

«Il cammino della libertà che avete scelto non è facile, ma nel vostro viaggio non sarete soli. Diciotto mesi fa vi siete ritrovati qui armati solo di rose e del potere delle vostre convinzioni per reclamare la vostra libertà. E grazie alla vostra azione oggi la Georgia è uno Stato sovrano e libero, un faro di libertà».

Qualche momento di tensione c´è stato quando la folla ha premuto sulle transenne, rischiando di travolgere il cordone di poliziotti, tensione che si trasforma in applausi quando gruppi di militari in mimetica iniziano a lanciare bottiglie d´acqua alla folla assetata. Numerose le scritte di benvenuto per George W. che qui è molto amato e che ricambia con ampi gesti di saluto dietro i vetri antiproiettile che circondano il palco: «Nei mesi scorsi il mondo ha assistito ai cambi speranzosi avvenuti da Bagdad a Beirut a Bishkek. Ma ancora prima che ci fosse una "rivoluzione viola" in Iraq, prima della "rivoluzione arancione" in Ucraina, prima della "rivoluzione dei cedri" in Libano c´è stata la vostra, la rivoluzione delle rose. Adesso dal Caucaso all´Asia centrale fino al Grande Medio Oriente vediamo lo stesso desiderio di libertà che brucia nei cuori dei giovani. Viviamo in tempi storici in cui la libertà sta avanzando dal Mar Nero al Caspio fino al Golfo Persico. E quando vedete uomini liberi che si radunano in piazze come questa potete essere orgogliosi: sono stati ispirati dal vostro esempio».

Fin dalla mattina alla conferenza stampa si era notato quanto qui a Tbilisi fosse diverso il clima rispetto agli incontri di Mosca, ma perfino in confronto a quelli con i governanti baltici a Riga, in Lettonia. E se Mikhail Saakashvili in modo un po´ esagerato sosteneva che a quell´ora le centomila persone che si aspettavano in piazza erano «già diventate 150mila» e che «qui non siamo in Corea del Nord dove puoi ordinare alla gente di andare in piazza anche se non gli va», non c´è dubbio che in nessuna altra parte del mondo Bush aveva ricevuto un´accoglienza così entusiasta. Lui ha ringraziato («ho imparato cosa vuol dire farsi nutrire da un georgiano, sono veramente pieno», ha detto dopo la cena con Saakashvili e le rispettive mogli in un ristorante georgiano): «Laura ed io ci siamo veramente divertiti ieri sera», scherzando sul ballo a cui si era lasciato andare, con la televisione locale a riprenderlo mentre roteava i fianchi.

«George sei il nostro eroe», ha gridato la folla mentre il presidente americano abbandonava il palco. E forse non è un caso che proprio dalla terra di Jozef Stalin George W. Bush abbia lanciato l´ennesima sfida agli eredi del comunismo.

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