Da La Repubblica del 31/05/2005
I favorevoli alla Carta temono un ulteriore calo dell'affluenza
Olanda, la sindrome del voto inutile
I giornali deplorano il voto francese, ma nei sondaggi il "nee" torna a volare
di Riccardo Staglianò
AMSTERDAM - Ora la salita, anche per questo popolo di ciclisti, si è fatta proibitiva. Il forfait francese ha spezzato le gambe agli olandesi, che non se la sentono di fare una faticaccia per niente. «Tutti sanno che ci vuole l'unanimità per far passare la Costituzione: "Perché votare per una cosa già morta?" si chiederanno, e alcuni resteranno a casa». Michiel Van Hulten non prova ad arrampicarsi sugli specchi. Da direttore della campagna di Better Europe, la coalizione che raggruppa tutti i partiti favorevoli al sì, è tenuto per contratto all'ottimismo, ma non vuole passare per fesso: «È stata una brutta botta, che si sentirà sia sulla partecipazione che sul tipo di voto. Ma il 15 giugno c'è il Consiglio europeo, e se noi fermiamo la valanga, sarà un segno importante su cui costruire». Perché l'Europa non finisce con la Costituzione, che a Bruxelles avrebbero «fatto meglio a chiamare trattato, eliminando anche l'enfasi di un inno e una festa unici, che hanno spaventato molti facendo pensare a un super-stato».
Il barometro dell'opinione pubblica ieri è sceso, ma non precipitato. I sondaggi di Maurice de Hond parlano di 2 punti persi, con il sì che scivola dal 43 al 41 per cento delle intenzioni di voto. Il premier Balkenende ha fatto di necessità virtù («il no di Parigi è una ragione in più per votare sì»), facendo leva sull'orgoglio della diversità olandese, che però spinge in direzione opposta. E lo stesso ha fatto Jozias van Aartsen, capogruppo dei liberali, puntando sull'occasione che adesso il paese ha di fare una figura migliore della «grande» Francia. Che ieri la stampa locale non ha esitato a sbertucciare, definendo «deplorevole» il no (De Telegraaf) e accusandola di aver dato una «pugnalata alla Costituzione» (Het Parool). Mentre il Volksrant si è rallegrato perché la bocciatura francese eviterà almeno agli olandesi l'onta di essere i primi signor-no. Primato che ad altri sarebbe invece piaciuto, come allo xenofobo Geert Wilders, che ha brindato «all'inizio della fine del super-Stato Ue», o alla lista Pim Fortuyn, che ha commentato con un irridente «Vive la France, vive la Republique». Il serio Van Hulten, invece, ricorda che «un no è un no, e se arriverà bisognerà prenderlo in considerazione». Non necessariamente, se l'affluenza sarà del 30%, come ha detto il governo: «Sarebbe un suicidio politico ignorarlo», ribatte.
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