Da Corriere della Sera del 31/08/2005
Guerra santa: il tour italiano
di Magdi Allam
E' possibile che un apologeta del terrorismo suicida islamico e dello sterminio degli ebrei, incarcerato diverse volte in Egitto, cacciato dagli Stati Uniti e in seguito dal Canada, possa essere accolto in un Paese europeo?
Sì, in Italia.
E' possibile che uno dei più pericolosi predicatori dell'odio islamico contro l'Occidente e Israele, dopo aver incredibilmente ottenuto un regolare visto d'ingresso, diffonda i suoi veleni in pubbliche assemblee di militanti islamici indette in ben sei città, tra il silenzio e l'indifferenza del governo, dell'opposizione, della magistratura e dei mezzi d'informazione? Sì, in Italia. E' possibile che questa sconcertante campagna di indottrinamento allo scontro di religione e di civiltà possa essere stata promossa dall'organizzazione che controlla la gran parte delle moschee e viene accreditata da taluni come rappresentante dei musulmani? Sì, in Italia.
Dobbiamo ringraziare la coraggiosa collega Cristina Giudici del Foglio , che sabato scorso si è intrufolata tra i circa 600 partecipanti all'incontro con Wagdy Ghoneim, questo il nome del «professore», svoltosi al Palasesto di Sesto San Giovanni, gli uomini davanti e le donne dietro separate da un tendone. Ci ha così riferito della sua apologia del terrorismo suicida («Morire per una causa è importante, significa andare in Paradiso»), della sua negazione del diritto di Israele all'esistenza («Un nemico che non ha patria»), dei suoi anatemi contro l'integrazione in seno alla società italiana («il destino di tutti gli uomini è essere musulmani, altrimenti si diventa come gatti o topi»), contro l'emancipazione delle donne («il compito delle mogli è restare a casa e accudire i figli»).
Queste sono le fonti spirituali e ideali a cui si abbeverano i militanti dell'Ucoii (Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia), che ha ufficialmente invitato in Italia Ghoneim. E' il caso di dire che predicano bene e razzolano male.
Come è possibile che l'Ucoii annunci pubblicamente a luglio la sua condanna del terrorismo, per poi ad agosto sponsorizzare un apologeta del terrorismo e, infine, indire a settembre una manifestazione nazionale contro il terrorismo? Eppure, è possibile.
Semplicemente ricorrendo all'arte della taqiya , della dissimulazione, un precetto sciita fatto proprio dai Fratelli Musulmani a cui fanno riferimento sia l'Ucoii sia il loro mentore Ghoneim.
Questa dissimulazione ideologico-religiosa è stata impiegata recentemente dall'Ucoii per occultare la loro legittimazione del jihad, inteso come guerra santa, e per relativizzare il concetto e la condanna del terrorismo. Nella versione integrale della fatwa , responso giuridico islamico, emessa all'indomani delle stragi di Londra e Sharm el Sheikh, l'Ucoii affermò la legittimità del «Jihad fi sabilillah , sforzo sulla via di Dio, inteso anche come fisico, vuoi militare». Ebbene proprio la denuncia del Corriere indusse l'Ucoii a togliere i due paragrafi legittimanti il jihad dal testo consegnato alla stampa il 31 luglio scorso.
L'altro esempio di taqiya è nel paragrafo della fatwa relativo al terrorismo che viene condannato in quanto fitna , intesa come «eversione malefica», e quindi accomunato a «ogni forma di terrorismo, guerra civile e aggressione contro le creature innocenti». E' così che l'Ucoii, da un lato, mette sullo stesso piano gli attentati terroristici suicidi di Londra, le rappresaglie israeliane e le incursioni americane contro le basi di Al Qaeda, dall'altro considera legittima resistenza gli attentati suicidi che massacrano gli israeliani o gli occidentali in Iraq. Una dissimulazione che sottintende il doppio binario etico nella valutazione dello stesso terrorismo islamico a secondo dell'identità delle vittime.
Tutto ciò avviene in Italia. Alla luce del sole. Ma i più non vedono, non sentono, non parlano. E quando vedono, sentono, parlano finiscono per schierarsi dalla parte degli apologeti del jihad e dei praticanti della taqiya.
Sì, in Italia.
E' possibile che uno dei più pericolosi predicatori dell'odio islamico contro l'Occidente e Israele, dopo aver incredibilmente ottenuto un regolare visto d'ingresso, diffonda i suoi veleni in pubbliche assemblee di militanti islamici indette in ben sei città, tra il silenzio e l'indifferenza del governo, dell'opposizione, della magistratura e dei mezzi d'informazione? Sì, in Italia. E' possibile che questa sconcertante campagna di indottrinamento allo scontro di religione e di civiltà possa essere stata promossa dall'organizzazione che controlla la gran parte delle moschee e viene accreditata da taluni come rappresentante dei musulmani? Sì, in Italia.
Dobbiamo ringraziare la coraggiosa collega Cristina Giudici del Foglio , che sabato scorso si è intrufolata tra i circa 600 partecipanti all'incontro con Wagdy Ghoneim, questo il nome del «professore», svoltosi al Palasesto di Sesto San Giovanni, gli uomini davanti e le donne dietro separate da un tendone. Ci ha così riferito della sua apologia del terrorismo suicida («Morire per una causa è importante, significa andare in Paradiso»), della sua negazione del diritto di Israele all'esistenza («Un nemico che non ha patria»), dei suoi anatemi contro l'integrazione in seno alla società italiana («il destino di tutti gli uomini è essere musulmani, altrimenti si diventa come gatti o topi»), contro l'emancipazione delle donne («il compito delle mogli è restare a casa e accudire i figli»).
Queste sono le fonti spirituali e ideali a cui si abbeverano i militanti dell'Ucoii (Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia), che ha ufficialmente invitato in Italia Ghoneim. E' il caso di dire che predicano bene e razzolano male.
Come è possibile che l'Ucoii annunci pubblicamente a luglio la sua condanna del terrorismo, per poi ad agosto sponsorizzare un apologeta del terrorismo e, infine, indire a settembre una manifestazione nazionale contro il terrorismo? Eppure, è possibile.
Semplicemente ricorrendo all'arte della taqiya , della dissimulazione, un precetto sciita fatto proprio dai Fratelli Musulmani a cui fanno riferimento sia l'Ucoii sia il loro mentore Ghoneim.
Questa dissimulazione ideologico-religiosa è stata impiegata recentemente dall'Ucoii per occultare la loro legittimazione del jihad, inteso come guerra santa, e per relativizzare il concetto e la condanna del terrorismo. Nella versione integrale della fatwa , responso giuridico islamico, emessa all'indomani delle stragi di Londra e Sharm el Sheikh, l'Ucoii affermò la legittimità del «Jihad fi sabilillah , sforzo sulla via di Dio, inteso anche come fisico, vuoi militare». Ebbene proprio la denuncia del Corriere indusse l'Ucoii a togliere i due paragrafi legittimanti il jihad dal testo consegnato alla stampa il 31 luglio scorso.
L'altro esempio di taqiya è nel paragrafo della fatwa relativo al terrorismo che viene condannato in quanto fitna , intesa come «eversione malefica», e quindi accomunato a «ogni forma di terrorismo, guerra civile e aggressione contro le creature innocenti». E' così che l'Ucoii, da un lato, mette sullo stesso piano gli attentati terroristici suicidi di Londra, le rappresaglie israeliane e le incursioni americane contro le basi di Al Qaeda, dall'altro considera legittima resistenza gli attentati suicidi che massacrano gli israeliani o gli occidentali in Iraq. Una dissimulazione che sottintende il doppio binario etico nella valutazione dello stesso terrorismo islamico a secondo dell'identità delle vittime.
Tutto ciò avviene in Italia. Alla luce del sole. Ma i più non vedono, non sentono, non parlano. E quando vedono, sentono, parlano finiscono per schierarsi dalla parte degli apologeti del jihad e dei praticanti della taqiya.
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