Da La Repubblica del 13/10/2005

Con la richiesta del voto segreto l'Udeur alza la palla agli uomini della Cdl che silurano le quote

E al grido di "fuori le donne" vince il partito dei maschi

di Concita De Gregorio

SU UNA cosa hanno trovato l'accordo: le donne fuori. Per dirla con l'eleganza di Giuseppe Gianni, Udc di Siracusa, il fatto è che «queste non ci devono scassare la minchia». Queste, la ministra sua concittadina Stefania Prestigiacomo compresa. Così il Grande Partito Trasversale degli Uomini di Centro ha magicamente trovato l'intesa e ha rotto gli schieramenti – maggioranza contro opposizione – che da due giorni scandisce il dibattito sulla nuova legge elettorale. Fanno eccezione i Ds, i comunisti, Rifondazione ed An. Gli altri, tutti e massimamente al Centro, si sono capiti.

È stato un gioco di rimbalzi sotterraneo durato tutto il giorno e infine andato in rete sotto gli occhi increduli e lucidi di lacrime del ministro Prestigiacomo, umiliata due ore dopo aver annunciato: "Abbiamo l'intesa".

L'intesa c'era, sì, ma era quella del partito più potente di Montecitorio: 612 contro 71 colleghe di cui 50 all'opposizione. Una parte della sinistra ha preparato la palla: richiesta di voto segreto presentata dall'Udeur di Mastella, parte dello Sdi, parte della Margherita capitanata da Gerardo Bianco con qualche adesione al centrodestra. Con voto palese sarebbe stato impossibile bocciare una proposta del governo, vista la militarizzazione dell'aula. Voto segreto, dunque. Da destra hanno raccolto e hanno segnato: anche con lo sfavore del centrosinistra l'emendamento che garantiva una minima presenza di donne nelle liste bloccate sarebbe passato, così come sono passati finora tutti gli altri. Invece no: i deputati della destra hanno votato in massa contro la presenza delle donne nelle liste e per la prima volta il governo è stato battuto: non dagli avversari, da se stesso. Il risultato è che con la nuova legge nelle liste bloccate decise dai partiti non ci sarà nessun obbligo di inserire le donne. Al buon cuore di ciascuno, e difatti Berlusconi ha subito dichiarato: "Faremo come se". Saremo gentili, ha detto Berlusconi. Le signore per gentile concessione le inseriremo lo stesso. Certo, come no.

Per raccontare bene questa giornata bisogna avere un poco di pazienza e partire dal principio. Fin dal mattino è stato chiaro che qualcuno stava lavorando contro l'emendamento detto orrendamente "delle quote rosa". Prestigiacomo chiedeva voto palese per le ragioni note. La Margherita aveva però presentato il primo giorno una richiesta di voto segreto estesa a tutte le votazioni. Sotto pressione dei compagni di coalizione il partito l'ha ritirata. Giovanna Melandri ed Elena Montecchi erano state le capofila, nei Ds, della richiesta di votare comunque la proposta delle quote: brutta legge per brutta legge almeno qualcosa sia garantito. Mastella, furibondo per l'assenza del voto di preferenza, già da martedì si aggirava dicendo: o si boccia tutta o non si boccia, "non va bene che la parola di altri valga più della mia". Così proprio dall'Udeur è partita la raccolta di firme fra i deputati per chiedere il voto segreto sulle quote. Ne hanno raccolte una quarantina soprattutto fra lo Sdi e la Margherita con un paio di incursioni di Forza Italia e Udc. Casini, in aula, ha letto i nomi. Vale la pena rielencarli: Cusumano, Pisicchio, Oricchio, Iannuccilli, Potenza, Luigi Pepe, Mongiello, Borriello, Ostilio, De Franciscis: tutti Udeur. Buemi Ceremigna, Grotto, Di Gioia, Albertini e Mancini: Sdi. Bottino, Ruggieri, Molinari, Gerardo Bianco, Villari, Banti, Burtone, Carbonella, Loddo e Duilio: Margherita. Un po' di gruppo misto, fra cui Filippo Mancuso. Stagno d'Alcontres e Capuano: Forza italia. Emerenzio Barbieri e De Laurentiis: Udc. Così: voto segreto. Le proposte sulle quote erano tre: due dell'opposizione che fissavano al 50 e come male minore al 33 per cento la presenza delle donne in lista. La terza studiata di concerto con Berlusconi dal ministro Prestigiacomo. Diceva, l'emendamento del governo, che le donne avrebbero dovuto essere una ogni quattro, il 25 per cento, e che i partiti che non le avessero messe in lista avrebbero pagato pegno. Pagato, in soldi: per ogni violazione il 10 per cento in meno di rimborso elettorale fino a un massimo del 50 per cento. Si pagano fino a cinque violazioni: le altre gratis. Sono le sei del pomeriggio, il ministro Prestigiacomo rientra in aula soddisfatta: "Abbiamo trovato l'intesa: ci sarà una sanzione per chi non la rispetta e dal 2011 le donne saranno una ogni tre". Intesa ridicola, inaccettabile, protesta Giovanna Melandri: "Io togliere donna tu pagare, è questa l'intesa. Se non metti le donne fino a cinque paghi, le altre le butti gratis". In Aula parla Fassino in difesa delle quote, Daniela Santanchè di An gli si scaglia contro: è una trappola, dice, non ci caschiamo. Parla Bondi, in difesa dell'emendamento del governo. Rosi Bindi lo dileggia: "E' la prima volta che sento una sua sensibilità sul tema. Meglio niente di questa carità". Fassino manda un biglietto a Santanchè: "Proprio a me dici questo, che ho tante di quelle donne..." . Urla, cartelli, voto. Gli emendamenti sono bocciati tutti e tre, la maggioranza nel segreto vota contro il suo ministro. Esce per primo Fini: "I franchi tiratori del centrodestra hanno consentito alla sinistra di cantare vittoria. Un capolavoro di stupidità politica". Poi Barbieri, Udc: "Visto che bel lavoro?", ride. Santanchè gli urla: "Non verrò più ai tuoi convegni". Prestigiacomo, sotto il colonnato, asciuga le lacrime.

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