Da La Repubblica del 13/10/2005
Riuscito il lancio della navicella Shenzhou 6 con due astronauti. Euforia e clima di festa a Pechino
La lunga marcia verso lo spazio Cina, parte la sfida alla Nasa
Tifo olimpico, patriottismo alle stelle Come in una gara per agganciare il numero 1
"Scopi pacifici" La prossima tappa è una stazione orbitale, poi un uomo sulla luna
di Federico Rampini
PECHINO - «Abbiamo messo in orbita Shenzhou 6 con scopi pacifici» annuncia raggiante alla Cina e al mondo il presidente Hu Jintao, ripreso dalle tv con tutto il vertice della nomenklatura comunista riunito nella base di controllo. Gli anchormen dei tg aggiungono: la prossima tappa è la stazione orbitale, poi un cinese sulla Luna. La copertura televisiva è massiccia, su tutti i canali minuto per minuto, un fatto senza precedenti per la Cina dove i lanci in passato erano circondati dal segreto militare. L'atmosfera è da tifo olimpico, il patriottismo è alle stelle, il clima eccitato e ottimista è quello dell'America anni Sessanta e del resto il riferimento all'altra superpotenza è costante: i cinesi vivono la loro impresa spaziale come una gara simbolica per agganciare il numero uno mondiale.
La coreografia dello spettacolo ha preso in prestito molto dai tempi gloriosi della Nasa, quando i lanci di Apollo e la conquista della luna tenevano il mondo intero col fiato sospeso. Quando Shenzhou 6 ieri ha messo in orbita a 350 chilometri dalla terra i due astronauti cinesi, per una missione di cinque giorni, il direttore del centro spaziale davanti alle telecamere ha annunciato con una solennità hollywoodiana: «Signore e signori, dichiariamo il secondo lancio spaziale della Cina un successo completo». L'agenzia stampa ufficiale Xinhua aggiungeva: «In mezzo all'attenzione del mondo, la Cina ha coronato la sua prima missione spaziale con più uomini a bordo». Dalla terra seguivano le inquadrature del "pioniere" Yang Liwei, il primo astronauta che da solo inaugurò la serie con il lancio di un giorno di Shenzhou 5 nel 2004: trasformato in eroe nazionale, popolare più delle star del cinema e dello sport, anche lui ieri era ripreso nel centro di controllo insieme al presidente Hu e al premier Wen Jiabao. Dallo spazio arrivavano le immagini dei suoi due colleghi, i colonnelli Fei Junlong e Nie Haisheng, già disinvolti nel recitare la loro parte: leggono, si tolgono il casco, sorridono e salutano un miliardo e trecento milioni di connazionali. Per la gioia della audience-record, le troupe televisive hanno invaso anche i loro due villaggi natali, nelle provincie del Jiangsu e dello Hubei, dove le case dei genitori sono assediate da folle di vicini festosi, mentre mamme e sorelle piangono dalla commozione. Al ritorno dei due colonnelli sulla terra, il circo dei talkshow e del varietà è pronto a cooptarli.
Il nazionalismo cinese trionfa, sembra un assaggio delle Olimpiadi del 2008 a Pechino. Shenzhou significa Lunga Marcia, un riferimento alla leggendaria impresa militare (in realtà una ritirata) di Mao Zedong con le sue truppe comuniste nel 1935, uno dei miti fondatori della Repubblica popolare. I messaggi espliciti o suggeriti, all'opinione pubblica e al resto del mondo, sono sfumati. La missione spaziale è una conferma che la Cina non è solo la "fabbrica del mondo", il produttore a buon mercato che invade l'economia globale, ma è anche una superpotenza scientifica e tecnologica, a cui nessun traguardo è proibito. Sia il presidente Hu che il premier Wen sottolineano il carattere pacifico dell'impresa, l'importanza delle ricadute per la ricerca scientifica e per l'innovazione tecnologica a scopi industriali e civili, soprattutto nel seguito del programma spaziale con la stazione orbitale e le missioni sulla luna. Di risvolti militari non si parla ma è ovvio che vi siano, a cominciare dai perfezionamenti nella balistica e nelle tecniche di lancio dei missili: la Cina ha oltre 700 missili puntati su Taiwan, molti dei quali con testate nucleari, dove gli scenari catastrofisti vedono la possibile scintilla di un conflitto che coinvolgerebbe gli Stati Uniti. Lo stesso fatto che il lancio di Shenzhou 6 sia stato ripreso in diretta televisiva è un segnale di maggiore fiducia: in passato l'esito dei lanci veniva annunciato solo a posteriori, per evitare imbarazzi in casi di insuccesso.
Ma insieme ai costanti riferimenti all'America, i cinesi ci tengono a marcare le differenze. «Il nostro programma spaziale – ha annunciato ieri Pan Houren dell'Accademia delle scienze di Pechino – ci costa solo 20 miliardi di yuan (due miliardi di euro, ndr) cioè meno di un decimo del bilancio della Nasa». Nel corso di un dibattito televisivo dopo il lancio, un altro esperto ha lanciato un messaggio singolare: «Sono gli Stati Uniti a volerci trascinare in una gara nello spazio molto costosa, sperando di portarci al collasso economico come accadde con l'Unione sovietica». I leader di Pechino non vogliono dare l'impressione di una impresa troppo ambiziosa: si è appena concluso ieri il Plenum del partito comunista che ha varato un piano quinquennale all'insegna della lotta contro le ingiustizie sociali, per ridurre le distanze tra città e campagna. Il programma spaziale va presentato come "austero", e al tempo stesso è la conferma che la Cina di oggi può riuscire in tutti i campi, il futuro le appartiene.
La coreografia dello spettacolo ha preso in prestito molto dai tempi gloriosi della Nasa, quando i lanci di Apollo e la conquista della luna tenevano il mondo intero col fiato sospeso. Quando Shenzhou 6 ieri ha messo in orbita a 350 chilometri dalla terra i due astronauti cinesi, per una missione di cinque giorni, il direttore del centro spaziale davanti alle telecamere ha annunciato con una solennità hollywoodiana: «Signore e signori, dichiariamo il secondo lancio spaziale della Cina un successo completo». L'agenzia stampa ufficiale Xinhua aggiungeva: «In mezzo all'attenzione del mondo, la Cina ha coronato la sua prima missione spaziale con più uomini a bordo». Dalla terra seguivano le inquadrature del "pioniere" Yang Liwei, il primo astronauta che da solo inaugurò la serie con il lancio di un giorno di Shenzhou 5 nel 2004: trasformato in eroe nazionale, popolare più delle star del cinema e dello sport, anche lui ieri era ripreso nel centro di controllo insieme al presidente Hu e al premier Wen Jiabao. Dallo spazio arrivavano le immagini dei suoi due colleghi, i colonnelli Fei Junlong e Nie Haisheng, già disinvolti nel recitare la loro parte: leggono, si tolgono il casco, sorridono e salutano un miliardo e trecento milioni di connazionali. Per la gioia della audience-record, le troupe televisive hanno invaso anche i loro due villaggi natali, nelle provincie del Jiangsu e dello Hubei, dove le case dei genitori sono assediate da folle di vicini festosi, mentre mamme e sorelle piangono dalla commozione. Al ritorno dei due colonnelli sulla terra, il circo dei talkshow e del varietà è pronto a cooptarli.
Il nazionalismo cinese trionfa, sembra un assaggio delle Olimpiadi del 2008 a Pechino. Shenzhou significa Lunga Marcia, un riferimento alla leggendaria impresa militare (in realtà una ritirata) di Mao Zedong con le sue truppe comuniste nel 1935, uno dei miti fondatori della Repubblica popolare. I messaggi espliciti o suggeriti, all'opinione pubblica e al resto del mondo, sono sfumati. La missione spaziale è una conferma che la Cina non è solo la "fabbrica del mondo", il produttore a buon mercato che invade l'economia globale, ma è anche una superpotenza scientifica e tecnologica, a cui nessun traguardo è proibito. Sia il presidente Hu che il premier Wen sottolineano il carattere pacifico dell'impresa, l'importanza delle ricadute per la ricerca scientifica e per l'innovazione tecnologica a scopi industriali e civili, soprattutto nel seguito del programma spaziale con la stazione orbitale e le missioni sulla luna. Di risvolti militari non si parla ma è ovvio che vi siano, a cominciare dai perfezionamenti nella balistica e nelle tecniche di lancio dei missili: la Cina ha oltre 700 missili puntati su Taiwan, molti dei quali con testate nucleari, dove gli scenari catastrofisti vedono la possibile scintilla di un conflitto che coinvolgerebbe gli Stati Uniti. Lo stesso fatto che il lancio di Shenzhou 6 sia stato ripreso in diretta televisiva è un segnale di maggiore fiducia: in passato l'esito dei lanci veniva annunciato solo a posteriori, per evitare imbarazzi in casi di insuccesso.
Ma insieme ai costanti riferimenti all'America, i cinesi ci tengono a marcare le differenze. «Il nostro programma spaziale – ha annunciato ieri Pan Houren dell'Accademia delle scienze di Pechino – ci costa solo 20 miliardi di yuan (due miliardi di euro, ndr) cioè meno di un decimo del bilancio della Nasa». Nel corso di un dibattito televisivo dopo il lancio, un altro esperto ha lanciato un messaggio singolare: «Sono gli Stati Uniti a volerci trascinare in una gara nello spazio molto costosa, sperando di portarci al collasso economico come accadde con l'Unione sovietica». I leader di Pechino non vogliono dare l'impressione di una impresa troppo ambiziosa: si è appena concluso ieri il Plenum del partito comunista che ha varato un piano quinquennale all'insegna della lotta contro le ingiustizie sociali, per ridurre le distanze tra città e campagna. Il programma spaziale va presentato come "austero", e al tempo stesso è la conferma che la Cina di oggi può riuscire in tutti i campi, il futuro le appartiene.
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