Da Corriere della Sera del 26/10/2005
Originale su http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2005/10_Ottobre/26/pakistan....

Nuovo appello dell'Onu. L'Oxfam bacchetta anche l'Italia

Terremoto Pakistan, Paesi ricchi troppo avari

Insufficienti gli stanziamenti che le nazioni industrializzate hanno previsto per l'emergenza. I senzatetto sono tra i 3 e i 4 milioni

di AA.VV.

GINEVRA (Svizzera) - Le Nazioni Unite lanciano l'allarme e rinnovano l'appello alla donazione di contributi per aiutare le popolazioni sfollate colpite dal terremoto che l'8 ottobre scorso ha sconvolto il Pakistan e le nazioni limitrofe. L'occasione è l'incontro di oggi a Ginevra tra i rappresentanti di 65 Stati membri.

CONTRIBUTI INSUFFICIENTI - «Ci servono più risorse per salvare da 2 a 3 milioni di vite umane e ci servono altre risorse già dai prossimi giorni» ha detto Jan England, capo dell'ufficio per il coordinamento degli affari umanitari dell'Onu. L'obiettivo è raggiungere la somma di almeno 312 milioni di dollari ma al momento la cifra è ancora lontana. Solo il 30% di quanto richiesto è effettivamente arrivato dalle nazioni ricche che pure si erano subito prodigate, all'indomani del sisma, in dichiarazioni di solidarietà impegnandosi a fornire aiuti materiali ed economici. Invece, a quanto pare, sono solo le associazioni umanitarie e di volontariato a portare sulle spalle il peso dell'assistenza ai senzatetto.

ITALIA POCO GENEROSA - In particolare, secondo l'agenzia di aiuti internazionali Oxfam, sarebbero Stati Uniti, Giappone, Germania e Italia a fare meno di quanto dovrebbero visto il loro status di nazioni ad alta industrializzazione: avrebbero messo a disposizione solo un quinto rispetto a quanto calcolato dagli organismi internazionali sulla base di parametri legati alle rispettive capacità economiche. Ma c'è di peggio: Belgio, Francia, Austria, Finlandia, Grecia, Portogallo e Spagna non hanno donato praticamente nulla.

TRAGEDIA DI SERIE B - Una latitanza, quella delle nazioni ricche, che
sembra rilanciare la contrapposizione fra tragedie di serie A e tragedie di serie B. La risposta all'emergenza nel Sudest asiatico causata dallo tsunami del 26 dicembre scorso, che colpì in particolare Thailandia, Indonesia e l'arcipelago delle Maldive, fu infatti maggiore e già dopo 10 giorni dalla mareggiata-killer fu reperita l'80 per cento delle risorse richieste dall'Onu. I Paesi occidentali, insomma, hanno sentito più vicina la tragedia avvenuta in luoghi considerati familiari, grazie alla presenza di resort e villaggi turistici tarati sulle esigenze del turista occidentale e per questo frequentatissimi. Il dramma di popolazioni che vivono sulle montagne e in zone che evocano invece scenari di conflitto sembra invece essere passato in secondo piano.

L'APPELLO AI GOVERNI - «Le nazioni ricche devono mettere mano al portafoglio - sbotta senza mezzi termini Phil Bloomer, direttore dell'Oxfam -. La gente comune non riesce a capire perché governi così ricchi stiano facendo così poco». La questione investe infatti i governi visto che le donazioni dei privati ai conti correnti aperti per la gestione dell'emergenza continuano ad essere effettuate. Ma la tragedia è di proporzioni immani e la volontà dei singoli non è sufficiente. Per questo l'Onu è tornata ad invitare i capi di governo ad assumersi le proprie responsabilità.

EMERGENZA SFOLLATI - Il terremoto in Pakistan ha ucciso almeno 79 mila persone e ha lasciato fra i 3 e i 4 milioni di senza tetto. Con l'inverno ormai alle porte il bilancio delle vittime rischia dunque di diventare ancora più pesante. Il timore è che a breve possano arrivare le notizie di una nuova ondata di decessi dovuti a freddo e stenti. Un'emergenza nell'emergenza, insomma, come sottolinea anche il commissario allo sviluppo della Ue, Louis Michel. Lunedì l'Unione europea ha proposto uno stanziamento addizionale di 80 milioni di euro dopo una prima donazione già effettuata di quasi 14 milioni. Ma prima che questi soldi possano essere destinati agli interventi umanitari è necessaria l'approvazione del provvedimento da parte dei governi e del Parlamento Europeo. Tempi lunghi, insomma, che le popolazioni terremotate non si possono permettere.

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