Da Osservatorio sui Balcani del 02/11/2005
Originale su http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/4890/1/51/
In Bosnia il turismo responsabile
di Davide Sighele
Un network di associazioni, organizzazioni e singoli che si occupano di turismo responsabile nel sud est Europa. Lo scorso fine settimana, 27 e 28 ottobre, si sono incontrati per la terza volta, a Sarajevo. Un'intervista a Valentina Pellizzer, direttrice di Oneworld SEE
Quale il senso di quest'incontro?
«Questa è al terza volta che questo network sul turismo responsabile si incontra. Lo scopo era quello, da un lato di completare il mosaico su chi fa turismo responsabile, in particolare in Bosnia Erzegovina e poi di fare in modo che questa rete riesca ad individuare le strategie affinché il turismo sostenibile riesca a divenire un volano per lo sviluppo locale.»
Chi vi ha preso parte?
«Hanno partecipato rappresentanti di progetti di turismo responsabile anche da altre parti della regione. Da Kraljevo sono venuti i promotori del progetto "Put Vode", la strada dell'acqua, e poi dal Kosovo i ragazzi che curano lo sviluppo della Val Rugova. In particolare queste visite sono state utili per confrontare esperienze, difficoltà, individuare punti di forza. Era presente anche una rete dei gruppi LAB-UNV, progetto che si occupa di formazione professionale, ed anche giovani imprenditori bosniaci, curiosi di saperne di più su queste questioni.
Abbiamo lavorato per due mezze giornate, la prima è servita per conoscere tutti i partecipanti nella successiva giornata ci si è divisi in gruppi di lavoro nei quali si sono individuate problematiche comuni e si sono definiti piccoli piani d'azione, in modo da concretizzare questo mettersi in rete. Sono stati quattro i gruppi di lavoro dai quali sono emerse problematiche in parte sovrapposte in parte diverse. In uno dei gruppi ad esempio ci si è dati due mesi di tempo per individuare sia in Bosnia che in Italia potenziali gruppi di turisti interessati al turismo sostenibile e per immaginare loro possibili "tour"sul territorio bosniaco.»
Chi invece i promotori dell'incontro?
«L'incontro è stato organizzato dall'Associazione Progetto Prijedor e da Tremembé, associazione trentina che si occupa di turismo responsabile.»
Le aspettative che aveva rispetto a quest'incontro sono state soddisfatte o no?
«In generale cerco di non avere troppe aspettative prima di un incontro come questo. Ciò che però mi ha sorpreso è che è emerso, nei due giorni di lavoro, che associazionismo ed in generale terzo settore su questioni quali il turismo responsabile, ecologico, sostenibile o come lo si voglia chiamare hanno idee e strategie molto più chiare degli altri soggetti economici del paese. Esiste una visione, che viene riempita di contenuti. Lo dico anche alla luce di un'altra conferenza che si è tenuta in questi giorni a Sarajevo. Promossa dall'UNDP affrontava il tema del turismo nei Balcani occidentali. Tra i vari soggetti presenti le voci più forti e più chiare emerse sono state quelle della società civile, dalla quale è emersa una condivisione etica e filosofica solida in merito alla strada da percorrere.»
Il Network di chi si sta occupando di turismo responsabile si sta ampliando in questi mesi?
«La rete rispetto ai due incontri precedenti si è ampliata. Tra i nuovi entrati ad esempio l'associazione CIPP, dell'area di Zvornik. Recentemente hanno realizzato un'inchiesta grazie alla quale è stato creato un database di 2000 soggetti interessati a divenire operatori di turismo responsabile. Ma quello che è emerso da quest'incontro è che vi sono tutta una serie di iniziative già in atto, che però l'una con l'altra non erano in contatto. A Belgrado ad esempio è stato recentemente pubblicato un libricino sul turismo responsabile.»
Ha l'impressione che vi sia interesse - anche da parte di possibili finanziatori - a sostenere questo tipo di percorso?
«Vi è ancora moltissimo lavoro da fare. Ma la percezione è che le prospettive non mancano. All'incontro erano presenti anche molti soggetti italiani, oltre alle associazioni trentine che hanno promosso l'incontro vi era Legambiente, Uniadrion, la rete SeeNet. Ha inoltre partecipato un rappresentante UE di un dipartimento interessato alla questione dello sviluppo turistico ed erano presenti rappresentanti anche della FIPA, agenzia per gli investimenti stranieri del governo bosniaco. Un segno inequivocabile che ciò di cui si parla interessa, e non solo al terzo settore. Ora occorre però riuscire a lavorare insieme, trovare strategie comuni.»
Mi può dire una delle esigenze più concrete emerse?
«Un'esigenza emersa è quella di realizzare una piattaforma virtuale internet che risponda alle necessità di un gruppo che è molto variegato. E' vero che esistono già molti altri siti su quest'argomento, come ad esempio www.viaggiareibalcani.org, tra i promotori dell'iniziativa. Ma sarebbe utile avere un sito di servizio, canale per veicolare informazioni, strategie, idee. Un elemento imprescindibile in questo è il multilinguismo.»
Lei è direttrice di Oneworld SEE, portale d'informazione sul modo del terzo settore nel sud est Europa e non solo, uno degli anelli della rete mondiale di Oneworld. Perchè vi interessate di turismo responsabile?
«In più occasioni ci siamo occupati e continuiamo a farlo tutt'ora di sviluppo sostenibile. Il nostro obiettivo è quello di mettere a disposizione del terzo settore e dell'associazionismo le nuove tecnologie da utilizzare in modo strategico, per lo sviluppo. Molto c'è da fare naturalmente anche nel campo del turismo responsabile.»
Quale il senso di quest'incontro?
«Questa è al terza volta che questo network sul turismo responsabile si incontra. Lo scopo era quello, da un lato di completare il mosaico su chi fa turismo responsabile, in particolare in Bosnia Erzegovina e poi di fare in modo che questa rete riesca ad individuare le strategie affinché il turismo sostenibile riesca a divenire un volano per lo sviluppo locale.»
Chi vi ha preso parte?
«Hanno partecipato rappresentanti di progetti di turismo responsabile anche da altre parti della regione. Da Kraljevo sono venuti i promotori del progetto "Put Vode", la strada dell'acqua, e poi dal Kosovo i ragazzi che curano lo sviluppo della Val Rugova. In particolare queste visite sono state utili per confrontare esperienze, difficoltà, individuare punti di forza. Era presente anche una rete dei gruppi LAB-UNV, progetto che si occupa di formazione professionale, ed anche giovani imprenditori bosniaci, curiosi di saperne di più su queste questioni.
Abbiamo lavorato per due mezze giornate, la prima è servita per conoscere tutti i partecipanti nella successiva giornata ci si è divisi in gruppi di lavoro nei quali si sono individuate problematiche comuni e si sono definiti piccoli piani d'azione, in modo da concretizzare questo mettersi in rete. Sono stati quattro i gruppi di lavoro dai quali sono emerse problematiche in parte sovrapposte in parte diverse. In uno dei gruppi ad esempio ci si è dati due mesi di tempo per individuare sia in Bosnia che in Italia potenziali gruppi di turisti interessati al turismo sostenibile e per immaginare loro possibili "tour"sul territorio bosniaco.»
Chi invece i promotori dell'incontro?
«L'incontro è stato organizzato dall'Associazione Progetto Prijedor e da Tremembé, associazione trentina che si occupa di turismo responsabile.»
Le aspettative che aveva rispetto a quest'incontro sono state soddisfatte o no?
«In generale cerco di non avere troppe aspettative prima di un incontro come questo. Ciò che però mi ha sorpreso è che è emerso, nei due giorni di lavoro, che associazionismo ed in generale terzo settore su questioni quali il turismo responsabile, ecologico, sostenibile o come lo si voglia chiamare hanno idee e strategie molto più chiare degli altri soggetti economici del paese. Esiste una visione, che viene riempita di contenuti. Lo dico anche alla luce di un'altra conferenza che si è tenuta in questi giorni a Sarajevo. Promossa dall'UNDP affrontava il tema del turismo nei Balcani occidentali. Tra i vari soggetti presenti le voci più forti e più chiare emerse sono state quelle della società civile, dalla quale è emersa una condivisione etica e filosofica solida in merito alla strada da percorrere.»
Il Network di chi si sta occupando di turismo responsabile si sta ampliando in questi mesi?
«La rete rispetto ai due incontri precedenti si è ampliata. Tra i nuovi entrati ad esempio l'associazione CIPP, dell'area di Zvornik. Recentemente hanno realizzato un'inchiesta grazie alla quale è stato creato un database di 2000 soggetti interessati a divenire operatori di turismo responsabile. Ma quello che è emerso da quest'incontro è che vi sono tutta una serie di iniziative già in atto, che però l'una con l'altra non erano in contatto. A Belgrado ad esempio è stato recentemente pubblicato un libricino sul turismo responsabile.»
Ha l'impressione che vi sia interesse - anche da parte di possibili finanziatori - a sostenere questo tipo di percorso?
«Vi è ancora moltissimo lavoro da fare. Ma la percezione è che le prospettive non mancano. All'incontro erano presenti anche molti soggetti italiani, oltre alle associazioni trentine che hanno promosso l'incontro vi era Legambiente, Uniadrion, la rete SeeNet. Ha inoltre partecipato un rappresentante UE di un dipartimento interessato alla questione dello sviluppo turistico ed erano presenti rappresentanti anche della FIPA, agenzia per gli investimenti stranieri del governo bosniaco. Un segno inequivocabile che ciò di cui si parla interessa, e non solo al terzo settore. Ora occorre però riuscire a lavorare insieme, trovare strategie comuni.»
Mi può dire una delle esigenze più concrete emerse?
«Un'esigenza emersa è quella di realizzare una piattaforma virtuale internet che risponda alle necessità di un gruppo che è molto variegato. E' vero che esistono già molti altri siti su quest'argomento, come ad esempio www.viaggiareibalcani.org, tra i promotori dell'iniziativa. Ma sarebbe utile avere un sito di servizio, canale per veicolare informazioni, strategie, idee. Un elemento imprescindibile in questo è il multilinguismo.»
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