Da Punto Informatico del 21/02/2006
Originale su http://www.punto-informatico.it/p.asp?i=57967

IP bloccati, Italia sotto tiro

Le società di scommesse britanniche tra pochi giorni decideranno se denunciare il nostro paese per il blocco deciso sui loro IP dai Monopoli di Stato. Le regole UE - dicono - non permettono censure di questo genere

Roma - Rischia di tradursi in un pesante boomerang per il nostro paese il provvedimento con cui nelle scorse settimane l'Italia ha bloccato gli IP di più di 500 siti dedicati al gioco d'azzardo online. Si apprende infatti che le società di scommesse britanniche, una vera e propria istituzione nel Regno Unito, stanno valutando se denunciare l'Italia.

A muoversi sono quelli della Remote Gambling Association (RGA), associazione europea che raccoglie le imprese del settore, secondo cui il dispositivo voluto dai Monopoli di Stato italiano, avallato dal ministero dell'Economia e previsto dalla Finanziaria, è illegale.

A mettere in agitazione la RGA, evidentemente, è l'imposizione dei filtri sugli IP dei giocatori italiani che in questo modo non possono più raggiungere facilmente i siti di scommesse britannici, con conseguente perdita di entrate per gli operatori. Tutto questo, secondo RGA, viola le direttive comunitarie in quanto rappresenta una discriminazione ai danni di concorrenti, le società di scommesse estere, appunto.

Duri i toni utilizzati da bookmaker di fama, come William Hill o Victor Chandler, che paventano la possibilità di ricorrere anche alla Corte di Giustizia europea. "Questa - ha dichiarato un responsabile di Ladbrokes all'agenzia Il Velino - è una palese violazione delle leggi europee sulla concorrenza. Per questo abbiamo stabilito di ricorrere alla Commissione UE. I nostri legali stanno inoltre valutando quali altre forme potrà assumere la nostra azione, sia a livello nazionale che internazionale. Non è escluso un ricorso alla Corte di Giustizia europea". Secondo RGA, le normative europee consentono di agire contro le attività estere soltanto in caso di attività immorali ma, come ben indicato dagli stessi Monopoli e già riportato da Punto Informatico, qui in ballo non ci sono questioni etiche ma soltanto problemi di concorrenza e di procedure amministrative.

I bookmaker segnalano anche un aspetto che pare dimenticato dal Legislatore italiano, ovvero che l'oscuramento dei siti comprende anche le parti meramente informative e non soltanto le pagine del gioco vero e proprio.

Come noto, i Monopoli accetteranno di "sbloccare" gli IP dei siti di quelle società internazionali che sono disposte a firmare un'apposita licenza che, secondo l'istituzione italiana, è indispensabile per poter operare coinvolgendo gli utenti italiani. A questi ultimi non è peraltro nemmeno concesso di scegliere i propri comportamenti: il blocco degli IP è infatti finalizzato ad impedire tout-court anche il semplice accesso ai siti "non in regola".

Al momento RGA sta ragionando sul da farsi: secondo un portavoce, in questa fase i membri dell'Associazione stanno dialogando col Governo italiano per verificare le possibilità di un accordo. Entro la fine del mese i membri di RGA decideranno le azioni da intraprendere, anche perché il blocco vero e proprio "scatta" il 24 febbraio. Non è chiaro se verrà coinvolto anche il Governo britannico in questa diatriba ma nulla si può escludere a questo punto: le entrate fiscali assicurate dagli operatori del gambling sono peraltro notevolissime.

Va detto che l'intera situazione per l'Italia è del tutto nuova e le stesse autorità dell'Unione Europea non sono ancora state investite da questo genere di problema: un'eventuale denuncia da parte di RGA potrebbe consentire di mettere in discussione la legalità dei filtri imposti dall'Italia se non addirittura portare ad una regolamentazione comunitaria della questione.

Si vedrà. Intanto l'Italia procede con il blocco degli IP per impedire che utenti italiani siano coinvolti in attività illegali di varia natura, una questione che proprio in queste ore è al centro di una serie di incontri riservati tra autorità pubbliche, forze dell'ordine e provider internet. Di certo è che il blocco qui da noi non viene messo in campo solo per contrastare il pedoporno ma è già stato adottato anche per questioni assai meno centrali, come abusi contro il diritto d'autore.

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