Da Famiglia cristiana del 14/05/2006
Originale su http://www.stpauls.it/fc/0620fc/0620fc42.htm

Progetto della Comunità di Sant’Egidio

Un "sogno" anti Aids

Si chiama Dream il programma sanitario messo a punto dall’associazione italiana grazie ai finanziamenti di alcune banche. Che sta già dando speranze alle tantissime persone colpite dalla malattia.

di Luciano Scalettari

Lilongwe-Blantyre, Malawi - Il viso le si illumina quando sorride. E sorride in continuazione, Alice Mungomo. Sorride raccontando che è sieropositiva, e mentre dice che, a 24 anni, ha scoperto di essere incinta. Quando mostra Rijoise, la sua splendida bimba di un mese tutta vestita di pizzi e ricami, non si trattiene dal ridere, abbassando il capo e incurvando un po’ le spalle, come fanno tante donne africane.

Non è impazzita, Alice, non è un effetto collaterale del virus. È che fino a pochi mesi fa era una delle dead women walking, condannate a morte dall’Aids. Ora, invece, si sta curando, nell’ospedale Ntenga wa Tenga di Lilongwe (la capitale del Malawi), con le migliori medicine che si usano anche da noi, sta bene e la piccola Rijoise è nata sana.

Il suo radioso sorriso ribadisce simbolicamente il disegno che porta sulla maglietta della Comunità di Sant’Egidio: un arcobaleno e una colomba col ramoscello d’ulivo. Pensava fosse tutto finito, e invece qualcuno, che prima di lei aveva vissuto la stessa disperazione – le attiviste del Centro Dream ("sogno") di Sant’Egidio che fanno i colloqui, anche loro in terapia –, le ha spiegato che c’era una possibilità. Adesso Alice sta vivendo, ogni giorno, questa sorta di risurrezione: non è più malaticcia, le forze sono tornate, può pensare a un lavoro, alla famiglia, al suo futuro e a quello della figlia Rijoise (il nome significa "fiore di luce").

Perciò tante persone sfilano – sette, otto, dieci al giorno – sotto il maestoso albero di mogano all’ingresso del Centro. Vengono perché hanno visto la rinascita di Alice e di altre come lei (già 900 sono in terapia), che prima erano disperate, segnate a dito; oggi sorridono. Il passaparola in Africa rimbalza veloce di bocca in bocca, perciò tanti vengono già in queste settimane, quando le mura odorano ancora di vernice fresca, percorrendo chilometri a piedi, e si presentano ai volontari del Centro, si sottopongono ai test e ai colloqui, attendono il responso. E se gli esami confermano il tremendo sospetto, si fanno spiegare tutto ciò che devono fare e se ne tornano a casa con le bustine gialle con i simboli del sole e della luna, per non sbagliare a prendere le pasticche del mattino e della sera. Medicine che – viene loro garantito – non mancheranno mai, per il resto della vita.


UN PROGETTO AMBIZIOSO

Il Malawi è uno dei cinque Paesi più poveri al mondo, con una speranza di vita di 37,5 anni, con un milione di malati e portatori del virus Hiv (fra cui il 17 per cento delle donne in gravidanza) su 12,5 milioni di abitanti. Ma con un solo pediatra negli ospedali pubblici di tutto il territorio nazionale. Il Malawi fino a ieri rischiava di implodere sotto il peso di una malattia che in Africa non lascia speranze, ma che potrebbe vedere la situazione del tutto rovesciata per via del più grande e ambizioso progetto italiano di lotta all’Aids e alle altre pandemie africane: Project Malawi, che vede insieme sei partner (Banca Intesa, Fondazione Cariplo, Comunità di Sant’Egidio, Save the Children, Cisp e gli Scout del Malawi) con l’obiettivo di ottenere in dieci anni la prima generazione di bambini liberi dal flagello. Questo significa che Project Malawi intende prendersi cura di tutte le 90-100.000 donne che ogni anno danno alla luce un bimbo. L’investimento è cospicuo: Banca Intesa ha stanziato sei milioni di euro, la Fondazione Cariplo tre: nove milioni in tre anni, che si tradurranno in 10 centri di salute sparsi sul territorio (il Malawi è un piccolo Paese, grande quanto metà Italia), e tre punti di riferimento principali dotati di laboratorio di biologia molecolare (costano un milione di euro ciascuno).


I TRATTAMENTI DISPONIBILI IN EUROPA

Il protocollo di terapia è quello elaborato da Sant’Egidio, denominato Dream, già applicato con successo in altri sette Paesi africani. «I risultati? Il 97-98 per cento dei bambini nasce sano», spiega Mario Marazziti, portavoce di Sant’Egidio, «e oltre il 90 per cento degli adulti in terapia torna a una vita lavorativa e sociale normale».

«Il laboratorio di biologia molecolare è fondamentale per fornire qui la stessa qualità di trattamenti disponibili in Europa», spiega Paola Germano, coordinatrice dei programmi Dream in Africa. «Tuttavia, la terapia non è tutto. Quello che conta è il principio con cui cerchiamo di operare: si tratta di prendere in carico la persona, in tutti gli aspetti. Non si può solo fornire le pastiglie se sta morendo di fame, o se non ha lavoro, o se si sente disperata perché ha perso mezza famiglia a causa dell’Aids».

Per questo i volontari di Sant’Egidio girano per i villaggi rurali (l’80 per cento dei malawiani vive fuori dalle città), perché il progetto prevede che tutto il territorio sia coperto. Ma non solo. Prendersi cura della persona significa che Save the Children si occuperà dei 500.000 orfani dell’Aids, che i 9.500 Scout del Malawi costituiranno la massiccia rete dedicata all’educazione e alla prevenzione, e che il Cisp interverrà con lo sviluppo locale e il microcredito per creare lavoro e consentire a chi si ritrova un imprevisto pezzo di vita davanti di condurla dignitosamente.

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