Da Pagine di Difesa del 13/07/2006
Originale su http://www.paginedidifesa.it/2006/galgani_060713.html

Il Venezuela verso il Mercosur, competizione col Brasile

di Pier Francesco Galgani

Il 4 luglio scorso, durante un vertice a Caracas, i rappresentanti del Mercosur, il mercato comune del Sud America, hanno formalizzato l’ammissione del Venezuela quale quinto membro dell’organizzazione. Dal 1991, anno di nascita dell’istituzione costituita da Brasile, Argentina, Paraguay e Uruguay, è la prima volta che viene ammesso un nuovo partner. Dell’ingresso del Venezuela si era iniziato a discutere a fine 2005 dopo il vertice di Mar del Plata, in cui si era consumato l’ennesimo fallimento dell’amministrazione Bush di ridare nuova vita al progetto di un accordo di libero commercio esteso dall’Alaska alla Terra del Fuoco.

Con l’accordo firmato la scorsa settimana il blocco sudamericano acquista una forza economica notevole. Il prodotto interno lordo dei Paesi associati raggiungerà il 65% dell’attività produttiva dell’intero Sudamerica, e con 12 milioni di kmq di estensione, una popolazione di circa 250 milioni di persone, il Mercosur si appresta a diventare la quarta maggiore economia del mondo, dopo il Nafta, accordo di libero commercio tra Stati Uniti, Canada e Messico, Unione Europea e Giappone. Anche se è ancora presto paragonare il Mercosur a una entità regionale simile all’Unione Europea (l’adozione di una tariffa commerciale unica verso le nazioni esterne è stata adottata solo nel 1995), l’ingresso del Venezuela nel Mercosur rappresenta un importantissimo passo avanti verso il traguardo dell’integrazione economica latino-americana e in prospettiva verso la possibile integrazione politica dell’intero continente.

Tuttavia, in un giorno così positivo per l’intera regione non sono mancate le ragioni di contrasto e la diversità di posizioni riguardo gli sviluppi del mercato del sud da parte dei protagonisti. Se il presidente venezuelano Hugo Chavez ha dichiarato che l’ingresso del suo Paese contribuirà a rinvigorire il Mercosur, garantendogli “nuovi orizzonti nello scenario internazionale” e potrà essere un forte impulso al rafforzamento dell’unione commerciale e dell’integrazione regionale, ha anche aggiunto che tale allargamento può essere inteso come un ulteriore passo verso l’attuazione della sua “rivoluzione bolivariana” tesa a liberare il Sudamerica dalla sudditanza politica ed economica nei confronti di Washington.

Le parole di Chavez evidenziano un aspetto importante dell’intero processo di allargamento. Da un punto di vista economico il Venezuela non trarrà alcun vantaggio immediato dall’ingresso nell’organizzazione. A giudizio di Sidney Weintraub (economista del Center for Strategic and International Studies) Caracas non dispone di grandi risorse da vendere ai suoi nuovi partner se non il petrolio ma, per lo scambio di tale risorsa, l’integrazione economica e il libero commercio non sono necessari. Anzi, secondo Josè Betancourt, presidente di Fedecamaras (sindacato venezuelano dei datori di lavoro e maggior responsabile del tentativo di colpo di stato contro Chavez del 2002) l’ingresso del Venezuela nel Mercosur rischia di esporre l’agricoltura del Paese alla sfrenata concorrenza dei prodotti naturali molto più a buon mercato di Brasile e Argentina.

Se per i partner originari del Mercosur l’accesso di Caracas rappresenta uno strumento per rafforzare la struttura e permettere così al Sudamerica di avere un peso maggiore nell’economia e nella politica mondiale, per Chavez accanto a tali motivazioni vi è anche una ragione di natura geopolitica connessa alla emancipazione del subcontinente dall’influenza degli Usa. La differenza di percezioni su questo punto è chiaramente evidenziata dalle parole con cui il presidente Ignacio Lula da Silva ha sottolineato l’allargamento del Mercosur al Venezuela. A suo giudizio, con l’ingresso di Caracas i membri della organizzazione potranno rafforzare la loro integrazione reciproca permettendo alle istituzioni comuni di contare di più sia in sede di Nazioni Unite sia nell’ambito del Wto.

Tuttavia, l’antiamericanismo non può essere considerata una caratteristica comune a tutti i membri del blocco. Ognuno dei partner continuerà a mantenere il proprio tipo di relazioni bilaterali con gli Usa. Nelle considerazioni espresse da Lula è possibile ritrovare gli indizi di un contrasto latente con il Venezuela sia riguardo lo scopo a cui lavorano entrambe le diplomazie (l’avanzamento del processo di integrazione latinoamericano) sia riguardo la conquista della leadership continentale che entrambi i Paesi vorrebbero vedere assegnata al proprio Stato.

Sebbene l’ingresso del Venezuela abbia garantito un sicuro successo di immagine sia per il Mercosur sia per le prospettive di integrazione continentale, le parole di Lula hanno evidenziato una possibile frattura nei rapporti tra Brasilia e Caracas e non è quindi un caso che Chavez abbia programmato un incontro bilaterale con il presidente brasiliano il prossimo 20 luglio, un giorno prima dell’incontro tra Paesi membri e associati del Mercosur che si terrà a Cordoba in Argentina.

I progetti di integrazione continentale continuano ad essere portati avanti (lo scorso 8 luglio sia Chavez, sia Alvaro Uribe, presidente della Colombia recentemente riconfermato, hanno posto la prima pietra per la costruzione del gasdotto che trasporterà l’importante risorsa dal Venezuela alla Colombia e a Panama e di cui entrerà a far parte anche il Brasile e l’Argentina), ma i contrasti tra Venezuela e Brasile si manifestano anche in altre forme. In una visita a Montevideo, il 23 giugno, il ministro degli Esteri brasiliano Celso Amorin, in vista dell’ammissione del Venezuela al Mercosur, ha sostenuto che, tra le motivazioni alla base del sostegno di Brasilia a tale scelta vi era anche la speranza che, una volta entrato nell’istituzione, Chavez avrebbe moderato i suoi eccessi verbali e avrebbe potuto essere indotto a propositi meno bellicosi.

Parole non amichevoli per il Venezuela ma da inserire in un contesto elettorale: il Brasile si trova alla vigilia di un importante appuntamento con le urne che vedrà Lula ripresentarsi alle elezioni presidenziali il prossimo ottobre. Accusato da più parti, soprattutto dai suoi avversari nella corsa alla presidenza, di essere “troppo morbido” con Chavez (l’espressione si rifà alla abusata espressione della guerra fredda “soft on communism”), Lula sta tentando di distanziarsi dal suo vicino.

Il prossimo traguardo elettorale brasiliano rappresenta un elemento importante nel contrasto strisciante tra Caracas e Brasilia, ma non è il solo elemento che contribuisce a indebolire i rapporti tra i due Paesi. La differenza di fondo a proposito dell’atteggiamento verso Washington rimane un punto dolente ed è emblematico di un graduale scostamento di prospettive tra le due nazioni.

La recentissima polemica di Chavez con gli Usa per la nomina quale membro non permanente del Venezuela presso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite è un altro aspetto del problema. Mentre l’Argentina ha espresso un sostegno incondizionato alla candidatura venezuelana, il Brasile non ha espresso lo stesso tipo di appoggio.

Strettamente collegato a questo è il recente intervento compiuto da Chavez in Gambia presso l’incontro dell’Unione Africana lo scorso 1° luglio. Invitato insieme al presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, il leader venezuelano ha preso le difese delle nazioni africane sostenendo che gli europei avrebbero dovuto chiedere loro scusa per la schiavitù, ma soprattutto ha proposto di seguire il suo Paese e la Bolivia di Evo Morales nel riappropriarsi delle risorse energetiche sottraendole allo sfruttamento delle compagnie petrolifere straniere e le ha invitate a partecipare ai programmi di integrazione sudamericane da lui adottati, come Petrosur, Telesur o nella realizzazione di un Banco del sud, un meccanismo di sostegno finanziario allo sviluppo.

Nelle proposte di Chavez traspare chiaramente il tentativo di ottenere il sostegno dei Paesi africani alla propria candidatura al Consiglio di Sicurezza, ma non si può evitare di pensare che nel proporre tali forme di cooperazione Chavez voglia seguire il Brasile di Lula su un percorso già battuto in precedenza dal grande vicino latino-americano. Nel marzo scorso il Brasile prese parte a un incontro con i rappresentanti di nazioni quali l’India e i Paesi dell’Africa del sud e in quella sede Lula espresse la sua intenzione di stipulare accordi di collaborazione economica e tecnologica con essi rafforzando quella che alcuni commentatori avevano definito una alleanza tra poveri. La scelta del leader brasiliano non era il risultato di una decisione improvvisa, ma era da inquadrare all’interno di una strategia ben precisa: la volontà di Brasilia di incarnare il ruolo di interprete presso i Paesi occidentali più sviluppati delle istanze e delle necessità dei Paesi meno progrediti attraverso una cooperazione sud-sud.

La rincorsa del Brasile su queste tematiche da parte del Venezuela di Chavez è un ulteriore indice di una competizione sempre più aperta tra i due Paesi sia riguardo la ricerca della leadership sul continente latino-americano sia in ambiti più ampi. Certamente tale concorrenza non potrà giovare al pur comune obiettivo dell’integrazione regionale latino-americana.

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