Da Lettera 22 del 08/09/2006
Originale su http://www.lettera22.it/showart.php?id=5587&rubrica=88

Montenegro, si rivota dopo il referendum

Domenica il Montenegro torna alle urne per eleggere un nuovo parlamento. Sull'onda della vittoria referendaria di maggio, favoritissimo è Milo Djukanovic. Ma non è esclusa qualche sorpresa.

di Lucia Sgueglia

Domenica il Montenegro torna alle urne. Stavolta, pochi mesi dopo il referendum che a maggio ha sancito sul filo del rasoio (55,5%) la volontà del piccolo paese di separarsi da Belgrado, si vota per eleggere un nuovo parlamento. I sondaggi annunciano poche sorprese.

In una campagna elettorale che si distingue per sobrietà e continuità con gli slogan di maggio (l’aspro scontro sul referendum del resto ha svuotato le casse dei partiti), strafavorita è la coalizione composta dal Partito Democratico dei Socialisti (DPS) e dal Partito Sociale Democratico (SDP), guidata dal premier Milo Djukanovic vittorioso condottiero della battaglia secessionista. Alcuni prevedono un plebiscito per Milo, veterano da quasi 20 anni sulla scena politica del piccolo stato adriatico, alternatosi più volte nelle cariche di premier e di presidente. Ma altri pensano che la maggioranza assoluta non sia una certezza, e che sarà necessario mediare. Con chi?

A distanza di pochi mesi dal trionfo referendario, la scena politica montenegrina appare più frammentaria. Se il referendum aveva spinto a compattarsi i due fronti, ora a soffrire è soprattutto l’opposizione pro-unionista, che indebolita dalla sconfitta si è spaccata in due blocchi. Da una parte c’è la coalizione tra Partito Socialista Popolare (SNP, il principale partito d’opposizione), Popolari (NS) e Partito democratico serbo (DSS), guidata da Predrag Bulatovic (unico credibile concorrente di Milo), che tenta di rifarsi un abito premendo sulle istanze economico-sociali. Dall’altra gli oltranzisti della Lista serba, che non hanno riconosciuto il risultato referendario, e si vanno arroccando nella difesa dei diritti ‘minacciati’ della componente serba degli elettori (30%), spalleggiati da alcune forze politiche belgradesi poco raccomandabili, come i radicali di Seselj (incriminato all’Aja) e i socialisti del SPS, l’ex partito di Slobo Milosevic.

Ma rispetto a maggio c’è un terzo attore, che potrebbe scombussolare lievemente le previsioni. È il Movimento per il cambiamento (PZP) di Nebojsa Medojevic, unica vera novità politica. Forte della sua non compromissione con il passato miloseviciano, può tuonare contro i mali del paese - corruzione, nepotismo, giustizia non indipendente – e invocare un rinnovamento vero che passi per riforme urgenti. Quelle che non furono attuate dopo la detonazione della Jugoslavia né durante la transizione dominata da Milo. Proprio Djukanovic, con i suoi trascorsi in traffici di contrabbando, resta personaggio scomodo per molti. E ora che il paese si appresta a fronteggiare l’esame internazionale, più voci ne chiedono le dimissioni, o di limitarne il potere, vedendo in lui (liberali e partito cittadino) ‘un ostacolo allo stato di diritto’.

Per i piccoli come liberali, verdi e partito croato, non pare esserci molta speranza domenica. Ma di certo torneranno a contare da lunedì, quando come sempre nel multietnico Montenegro i grandi avranno bisogno dei voti delle minoranze. Tra loro i bosniaci, che Milo pare essere riuscito a tirare dalla propria parte, ma soprattutto i partiti albanesi (attualmente 4, raddoppiati dall’ultima consultazione), che rappresentano la minoranza più esigente e più consistente del Montenegro. Di certo pretenderanno l’approvazione della Legge sulle Minoranze. Ma per far funzionare bene il governo, ora che occorre puntare decisamente verso Bruxelles (e la Nato), l’attuale primo ministro potrebbe aver bisogno persino del nemico Bulatovic. Qualcuno suggerisce che Djukanovic sta pensando di offrire poltrone da ministri al PNS per assicurarsi un più ampio consenso parlamentare. Grande coalizione in vista?

Di certo di fronte all’Europa il nuovo governo dovrà rispondere anche di qualche altra questione, che costringerà il paese a fare i conti con i suoi non pochi scheletri nell’armadio. Prima di tutto l’incognita Karadzic, il super-latitante dal TPI che molti credono nascosto proprio in Montenegro (dalle parti di Niksic). Mentre in questi giorni vengono a galla le nefandezze compiute contro profughi bosniaci nel 1992 da Podgorica, che oggi rinnega con zelo i ‘fratelli cattivi’ di Belgrado.

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