Da Corriere della Sera del 16/10/2004

Cadono le accuse dopo undici anni. E’ stato respinto il ricorso della difesa per ottenere il proscioglimento completo

Mafia, definitiva l’assoluzione di Andreotti

La sentenza della Cassazione. Il senatore: sono felice di essere arrivato vivo alla fine dei processi

di Dino Martirano

ROMA - Dopo tre processi e 11 anni di udienze, il senatore a vita Giulio Andreotti è stato assolto definitivamente dall’accusa di associazione mafiosa. Ma resta ancora un ultimo passaggio per chiarire se la sua immagine potrà uscire completamente riabilitata dal processo del secolo: anche la Cassazione, infatti, assolve per i reati successivi all’82, ma conferma «il non doversi procedere per il reato di associazione a delinquere sui fatti precedenti all’82 a causa dell’intervenuta prescrizione». Ieri alle 11.47, i giudici della seconda sezione penale della Cassazione hanno reso noto il dispositivo che chiude una stagione processuale iniziata il 27 marzo ’93 con la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Andreotti. I giudici di piazza Cavour hanno dunque confermato la sentenza di assoluzione pronunciata il 2 maggio del 2003 dalla Corte d’Appello di Palermo, rigettando i ricorsi presentati, con motivazioni opposte, dalla difesa e dall’accusa. «Grazie a Dio è finita», è il commento liberatorio dell’avvocato Franco Coppi: «Leggeremo le motivazioni ma in questa sentenza si dà atto di un’attività antimafia svolta da Andreotti dal 1980 in poi. E a noi, al di là dei profili tecnici, importa il riconoscimento di questa attività».

E’ soddisfatta anche Giulia Bongiorno, l’avvocato che in questi 11 anni ha seguito passo dopo passo il suo illustre assistito: «E’ chiaro che era importante chiudere qui ma per l’immagine di Andreotti noi auspichiamo che i giudici seguano la strada tracciata dal procuratore generale Iacoviello per il quale il senatore "non è un mafioso"». Nella sua arringa, infatti, il sostituto procuratore generale Mauro Iacoviello aveva indicato la soluzione che poi, almeno in parte, è stata adottata: «Rigetto dei ricorsi rimotivando sulla prescrizione». Segno, questo, che anche Iacoviello non sembra convinto dalla formula utilizzata in appello: quella che non cancella del tutto i fatti attribuiti ad Andreotti nel periodo antecedente all’80.

Con il rigetto del ricorso di Andreotti, la Corte ha anche stabilito che sarà la difesa a pagare le spese processuali. Ma, contrariamente alle voci che intendevano addebitare al senatore il costo di 11 anni di processi, Giulia Bongiorno ha subito chiarito che si tratta «solo di spiccioli» in relazione al giudizio di legittimità in Cassazione.

Ora il processo va in archivio. Ma le polemiche alimenteranno per molto tempo ancora il dibattito politico tra chi sostiene che contro Andreotti sono stati inventati teoremi giudiziari e chi, invece, ricorda che la legge è uguale per tutti. Un dato, però, mette tutti d’accordo: Andreotti, che ha rinunciato all’immunità, si è difeso nel processo e non dal processo. E’ stato un imputato esemplare.

«La Cassazione ha messo fine a un calvario», hanno detto Marcello Pera e Pierferdinando Casini. Anche il premier Silvio Berlusconi ha fatto sapere di essere «molto felice» per Andreotti. E poi ha aggiunto: «Non so se sia stato un risultato che considera pieno ma sono molto felice per lui». Ieri, intorno ad Andreotti, si è rivista virtualmente la Dc. Fonti vaticane hanno fatto filtrare «grande soddisfazione per una notizia certamente attesa». Per il cardinale Fiorenzo Angelini, «colpendo lui volevano colpire la Dc».

Si è fatto sentire anche il leader dell’Ulivo Romano Prodi: «Mi fa molto piacere, è una buona notizia». D’Antoni, Vietti, Gasbarra, Frattini, Buttiglione: chi ha conosciuto la Dc da vicino si è fatto vivo con il senatore. Sono arrivati gli auguri di Francesco Rutelli. E Giuseppe Fioroni (Margherita) ha detto che «Andreotti esce a testa alta da accuse infamanti contro le quali ha usato solo la forza della verità senza nessuna legge ad personam ». Va registrata la laconicità dei commenti dei Ds mentre Antonio Di Pietro parla di «sentenza che non assolve del tutto». I pm che rappresentarono l’accusa in primo grado (Scarpinato, Lo Forte e Natoli) si augurano che la sentenza della Cassazione «riconosca la fondatezza storica delle condotte contestate ad Andreotti sino alla primavera dell’80». E anche Gian Carlo Caselli, l’ex procuratore di Palermo, ha voltato pagina: «Questa sentenza è la dimostrazione che non ci sono stati teoremi ma solo fatti e come tali suscettibili di letture diverse».

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