Da La Repubblica del 01/08/2005
Se l'Islam condanna i crimini della Jihad
di Renzo Guolo
IL DOCUMENTO di condanna del terrorismo approvato dall'Ucoii è un passo importante. Per la prima volta l'Unione delle comunità islamiche, organizzazione di matrice islamista neotradizionalista, va oltre la generica ripulsa dello jihadismo, che equipara decisamente alla fitna, termine negativo nel lessico musulmano che indica conflitto lacerante e sedizione.
E invita i suoi gruppi dirigenti a partecipare attivamente, anche con la denuncia diretta, alla lotta contro la "follia omicida" che anima le minoranze intense radicali che allignano nel grande caleidoscopio islamico. Anche in quello italiano, come indicano gli sviluppi degli attentati di Londra e alcune inchieste della magistratura.
Vedremo se alle parole seguiranno coerentemente i fatti. Intanto il documento costituisce un fatto comunque rilevante. All'Ucoii aderiscono molte delle associazioni che controllano le moschee diffuse nel territorio. Moschee nelle quali affluiscono in grande maggioranza stranieri. Molti dei quali provenienti dai fronti caldi investiti, negli ultimi decenni, dal ciclo politico di risveglio islamista. Un atteggiamento senza reticenze dei gruppi dirigenti dell'Unione nei confronti dei "fratelli che sbagliano", emerso in passato non solo nelle solite, note, moschee milanesi, può evitare che la tendenza islamista radicale faccia proseliti nei luoghi di preghiera. La leadership neotradizionalista sembra aver compreso gli enormi pericoli che possono derivare dalla sia pur minima ambiguità di fronte al terrorismo. Anche perché il tempo delle presa di distanza attenuata dal giustificazionismo, da una sorta di analisi compensativa delle ragioni e dei torti nel complesso rapporto tra Occidente e Islam, è finito sotto i colpi del terrore jihadista. Dopo il caso Van Gogh, Atocha, il caldo luglio di fuoco londinese, l'assenza di una netta presa di distanza, non solo a parole ma nei fatti, rischia di travolgere la stessa possibilità di una pacifica convivenza in Europa delle comunità islamiche. Prenderne atto non è solo un esempio di realismo politico ma un passo che può condurre alla piena, e condivisa, accettazione delle regole del gioco democratiche. Un patrimonio cui nessuno in Occidente, anche tra i più convinti fautori dell'integrazione culturale e religiosa, intende rinunciare. A costo di difenderlo con ogni mezzo.
Nel solco della tradizione musulmana l'Ucoii dichiara il Jihad legittimo solo come strumento di difesa dalle aggressioni e non come strumento offensivo. Tanto più nei confronti di vittime innocenti. Tanto più in paesi, come quelli occidentali, in cui la libertà religiosa è rispettata. Nei confronti degli ordinamenti di questi paesi, ricorda l'Ucoii, va assicurata piena lealtà politica. Anche, e soprattutto aggiungiamo noi, quando i loro governi prendono posizioni che possono essere non condivise dalle comunità islamiche nazionali.
Contrariamente ai radicali, che la pensano come Dar al Kufr, terra dell'empietà, l'Ucoii considera l'Europa come luogo in cui vive una consistente comunità islamica. Anche se questa che deve vivere secondo la propria tradizione. Un progetto condivisibile o meno ma che, come in altre realtà europee, dalla Francia alla stessa Gran Bretagna, si svolge alla luce del sole ed è sottoposto alla concorrenza sul "mercato del beni religiosi" di altre associazioni che offrono a loro volta ai fedeli una diversa visione dell'Islam.
Il documento permette comunque di chiarire meglio il quadro dell'islam italiano in formazione anche dal punto di vista istituzionale. Un passo sempre più necessario per la nostra stessa sicurezza collettiva.
E invita i suoi gruppi dirigenti a partecipare attivamente, anche con la denuncia diretta, alla lotta contro la "follia omicida" che anima le minoranze intense radicali che allignano nel grande caleidoscopio islamico. Anche in quello italiano, come indicano gli sviluppi degli attentati di Londra e alcune inchieste della magistratura.
Vedremo se alle parole seguiranno coerentemente i fatti. Intanto il documento costituisce un fatto comunque rilevante. All'Ucoii aderiscono molte delle associazioni che controllano le moschee diffuse nel territorio. Moschee nelle quali affluiscono in grande maggioranza stranieri. Molti dei quali provenienti dai fronti caldi investiti, negli ultimi decenni, dal ciclo politico di risveglio islamista. Un atteggiamento senza reticenze dei gruppi dirigenti dell'Unione nei confronti dei "fratelli che sbagliano", emerso in passato non solo nelle solite, note, moschee milanesi, può evitare che la tendenza islamista radicale faccia proseliti nei luoghi di preghiera. La leadership neotradizionalista sembra aver compreso gli enormi pericoli che possono derivare dalla sia pur minima ambiguità di fronte al terrorismo. Anche perché il tempo delle presa di distanza attenuata dal giustificazionismo, da una sorta di analisi compensativa delle ragioni e dei torti nel complesso rapporto tra Occidente e Islam, è finito sotto i colpi del terrore jihadista. Dopo il caso Van Gogh, Atocha, il caldo luglio di fuoco londinese, l'assenza di una netta presa di distanza, non solo a parole ma nei fatti, rischia di travolgere la stessa possibilità di una pacifica convivenza in Europa delle comunità islamiche. Prenderne atto non è solo un esempio di realismo politico ma un passo che può condurre alla piena, e condivisa, accettazione delle regole del gioco democratiche. Un patrimonio cui nessuno in Occidente, anche tra i più convinti fautori dell'integrazione culturale e religiosa, intende rinunciare. A costo di difenderlo con ogni mezzo.
Nel solco della tradizione musulmana l'Ucoii dichiara il Jihad legittimo solo come strumento di difesa dalle aggressioni e non come strumento offensivo. Tanto più nei confronti di vittime innocenti. Tanto più in paesi, come quelli occidentali, in cui la libertà religiosa è rispettata. Nei confronti degli ordinamenti di questi paesi, ricorda l'Ucoii, va assicurata piena lealtà politica. Anche, e soprattutto aggiungiamo noi, quando i loro governi prendono posizioni che possono essere non condivise dalle comunità islamiche nazionali.
Contrariamente ai radicali, che la pensano come Dar al Kufr, terra dell'empietà, l'Ucoii considera l'Europa come luogo in cui vive una consistente comunità islamica. Anche se questa che deve vivere secondo la propria tradizione. Un progetto condivisibile o meno ma che, come in altre realtà europee, dalla Francia alla stessa Gran Bretagna, si svolge alla luce del sole ed è sottoposto alla concorrenza sul "mercato del beni religiosi" di altre associazioni che offrono a loro volta ai fedeli una diversa visione dell'Islam.
Il documento permette comunque di chiarire meglio il quadro dell'islam italiano in formazione anche dal punto di vista istituzionale. Un passo sempre più necessario per la nostra stessa sicurezza collettiva.
Sullo stesso argomento
Articoli in archivio
di Elisabeth Rosenthal su The New York Times del 01/08/2005
di Magdi Allam su Corriere della Sera del 28/07/2005
di Magdi Allam su Corriere della Sera del 27/07/2005
News in archivio
Il ministro dell'Interno chiarisce che dovrà essere accettata da "tutti coloro che vorranno vivere stabilmente in Italia"
Islam: "La Carta dei valori non è soltanto per i musulmani"
Critiche all'Ucoii: "Mai detto che l'avremmo firmata oggi"
Islam: "La Carta dei valori non è soltanto per i musulmani"
Critiche all'Ucoii: "Mai detto che l'avremmo firmata oggi"
su La Repubblica del 03/10/2006
Non si placa l'indignazione per la citazione di Ratzinger contro Maometto. Il parlamento pakistano approva una mozione, convocato il nunzio apostolico
Cattolicesimo-islam: paesi musulmani contro Benedetto XVI "Papa ignorante, ritiri le frasi sull'Isla
Ma il neo-ministro degli Esteri della Santa Sede, Dominique Mamberti getta acqua sul fuoco: "Il dialogo con le grandi civiltà è una priorità"
Cattolicesimo-islam: paesi musulmani contro Benedetto XVI "Papa ignorante, ritiri le frasi sull'Isla
Ma il neo-ministro degli Esteri della Santa Sede, Dominique Mamberti getta acqua sul fuoco: "Il dialogo con le grandi civiltà è una priorità"
su La Repubblica del 15/09/2006
In biblioteca
di Valentina Furri Tedeschi
Prospettiva Editrice, 2006
Prospettiva Editrice, 2006