Da La Stampa del 30/11/2005
Originale su http://www.lastampa.it/cmstp/rubriche/girata.asp?ID_blog=43&ID_art...

LA MAPPA DELL’ISLAMISMO - Mujaheddin veterani dell’Afghanistan e giovani immigrati musulmani pieni di rancore portano il jihad da Leeds a Napoli

Europa, tutti gli uomini di Al Qaeda

Pubblicati i dati dell’intelligence Usa sui quattro network che organizzano le cellule del terrore

di Maurizio Molinari

NEW YORK - Gli algerini furono i primi ad insediarsi all’inizio degli anni Novanta. Ansar al Islam ha creato il network di volontari da inviare al fronte prima in Afghanistan e poi in Iraq. Le cellule più organizzate e violente sono quelle salafite marocchine, mentre gli attentati di Londra hanno segnato il debutto dei pakistani.

E’ questa la radiografia del terrore islamico nel Vecchio Continente descritta dalle 400 pagine di «Al Qaeda in Europe» pubblicate a New York da Prometheus Book e scritte sulla base di numerosi studi di intelligence dall’italiano Lorenzo Vidino, esperto di terrorismo della task force dell’«Investigative Project» di Washington, a cui lo scorso aprile la commissione Relazioni Internazionali della Camera dei Rappresentanti chiese di testimoniare sulle caratteristiche dell’estremismo islamico in Europa. Per capire quanto conta Al Qaeda in Europa basta guardarsi indietro: l’11 settembre 2001 fu preparato da una cellula in Germania, gli attentati alle ambasciate Usa in Africa Orientale nel 1998 vennero finanziati da un’associazione di beneficienza a Dublino, il comandante afghano Massoud venne eliminato da Osama bin Laden grazie a due giornalisti-kamikaze venuti dal Belgio, l’assalto alla sinagoga tunisina di Gerba nel 2002 fu pianificato in Francia e Germania, mentre negli ultimi quattro anni attentati sono stati eseguiti o tentati a Madrid, Londra, Parigi, Milano, Berlino, Porto ed Amsterdam.

Le origini della presenza di una miriade di cellule che si rifanno a Osama bin Laden risale alla fine degli anni Ottanta quando numerosi Paesi europei diedero asilo per motivi umanitari a fondamentalisti islamici provenienti da Paesi arabi, alcuni dei quali reduci dalla guerra in Afghanistan. «La conseguenza fu che alcuni dei leader estremisti trovarono in Europa non solo il rifugio ma anche una base operativa», scrive Vidino. Naque così un network di piccole moschee fondamentaliste - a fianco di quelle moderate - che ha consentito agli islamici algerini di tentare nel 2000 l’assalto a Strasburgo, ad Ansar al Islam di reclutare da Milano volontari per la jihad, ai salafiti marocchini di studiare per tre anni le ferrovie di Madrid ed ai pakistani di Leeds di addestrarsi a colpire nel cuore della metrò di Londra.

Si tratta di una galassia di gruppi, organizzazioni e singoli che a volte si incrociano e si conoscono - grazie anche al fatto di aver dormito sotto le stesse tende in Afghanistan - ma spesso sono slegati fra loro. Ciò che li accomuna è da un lato il sentirsi volontari della jihad lanciata nel 1998 da Osama bin Laden contro «ebrei e crociati», e dall’altro delle caratteristiche simili perché se i leader islamici sono gli esuli degli anni Ottanta chi colpisce sono invece quasi sempre musulmani di seconda generazione - ovvero cittadini europei a tutti gli effetti - e sempre più spesso cristiani convertiti all’Islam. Musulmani di seconda generazione sono i kamikaze pakistani di Londra come l’assassino marocchino del regista olandese Theo Van Gogh ed alcuni dei volontari partiti da Milano per farsi esplodere in Iraq. Mentre il fenomeno dei convertiti ha i volti del francese David Courtailler implicato nel tentativo di attaccare l’ambasciata Usa a Parigi nel 2001, del britannico David Sinclair caduto a fianco dei mujaheddin in Bosnia, del tedesco Thomas Fischer volontario in Cecenia e del polacco Christian Ganczarski che incontrò Osama bin Laden in Afghanistan. A loro tratti e nomi europei consentono di superare facilmente i controlli.

L’Italia è uno dei crocevia dei seguaci di bin Laden: tutti e quattro i network passano per Milano mentre gli algerini sono presenti anche a Napoli, Ansar al Islam a Parma, i salafiti a Torino e Varese ed i pakistani hanno una testa di ponte a Desio. Per reclutare usano le moschee quanto le carceri - in Spagna, Francia ed Italia la percentuale di detenuti musulmani continua a crescere - mentre la prevenzione è ostacolata dal fatto che «il terrorismo non è facile da definire per legge e ciò lo rendere difficile da prevenire». Sebbene magistrati come il francese Jean-Louis Bruguière invochino da tempo leggi più rigide l’Europa sembra avere le mani legate di fronte ad una minaccia che nasce nel suo stesso seno. Come dimostra il fatto che le normative in vigore hanno consentito ad Abdelghani Mzoudi e Mounir El Motassadeq - due dei complici amburghesi di Mohammed Atta, il capo del commando dell’11 settembre - di non essere condannati in Germania così come avvenuto nel 2003 in Olanda per dodici trafficanti di droga marocchini che finanziavano le cellule salafite ed in Gran Bretagna per numerosi confessi reclutatori di volontari della jihad in Iraq.

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