Minima criminalia. Storie di carcerati e carcerieri
Edito da Manifestolibri, 2006
126 pagine, € 14,00
ISBN 8872854377
di Giancarlo De Cataldo
Quarta di copertina
Si fa presto a dire carcere. Sotto gli occhi di Giancarlo De Cataldo, scrittore con vocazione di giallista e giovane magistrato che varca "quel" portone armato di buonissime e democratiche intenzioni, il carcere si rivela ben presto un infernaccio dove, ahimé, nessuno o quasi vuole farsi redimere. Tantomeno da lui, "giudice di sorveglianza", vale a dire custode depositario dei diritti civili dei carcerati, ultimo di rango tra i notabili, destinato ben presto a veder confliggere la dura lezione con le volontà riformatrici e libertarie che insiste tenacemente a perseguire. Tra errori, equivoci, beffe e un solido, sorridente pessimismo della ragione, e con l'aria di raccontare una serie di suggestive "storie di vita", in brevi capitoli che si leggono d'un fiato, De Cataldo costruisce in realtà una sorta di antimanuale della giustizia italiana: ovvero tutto quello che lo stato e la società civile non devono fare, se vogliono cambiare le regole del gioco. Scritto con una curiosità e una simpatia per questa umanità invisibile, rissosa, malmenata, coatta, che sopravvive a ogni perdita di illusioni e continua, anzi, a porre il problema della vera natura della cosiddetta normalità, Minima criminalia, solleva però un problema squisitamente politico, che interessa chiunque si occupi di carcere, droga, rieducazione, comunità terapeutiche: è possibile, in definitiva, rieducare? E che significa proporsi questo obiettivo nel carcere, quando "all'esterno" si spegne ogni solidarietà e aspirazione al cambiamento, a favore dell'indiividualismo e della riduzione di fatto della libertà?
Si fa presto a dire carcere. Sotto gli occhi di Giancarlo De Cataldo, scrittore con vocazione di giallista e giovane magistrato che varca "quel" portone armato di buonissime e democratiche intenzioni, il carcere si rivela ben presto un infernaccio dove, ahimé, nessuno o quasi vuole farsi redimere. Tantomeno da lui, "giudice di sorveglianza", vale a dire custode depositario dei diritti civili dei carcerati, ultimo di rango tra i notabili, destinato ben presto a veder confliggere la dura lezione con le volontà riformatrici e libertarie che insiste tenacemente a perseguire. Tra errori, equivoci, beffe e un solido, sorridente pessimismo della ragione, e con l'aria di raccontare una serie di suggestive "storie di vita", in brevi capitoli che si leggono d'un fiato, De Cataldo costruisce in realtà una sorta di antimanuale della giustizia italiana: ovvero tutto quello che lo stato e la società civile non devono fare, se vogliono cambiare le regole del gioco. Scritto con una curiosità e una simpatia per questa umanità invisibile, rissosa, malmenata, coatta, che sopravvive a ogni perdita di illusioni e continua, anzi, a porre il problema della vera natura della cosiddetta normalità, Minima criminalia, solleva però un problema squisitamente politico, che interessa chiunque si occupi di carcere, droga, rieducazione, comunità terapeutiche: è possibile, in definitiva, rieducare? E che significa proporsi questo obiettivo nel carcere, quando "all'esterno" si spegne ogni solidarietà e aspirazione al cambiamento, a favore dell'indiividualismo e della riduzione di fatto della libertà?
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