Cordiali saluti
Edito da Einaudi, 2006
99 pagine, € 9,50
ISBN 8806172972
di Andrea Bajani
Quarta di copertina
Lui è uno scrittore di lettere di licenziamento. Compone congedi pirotecnici, appassionati e struggenti come lettere d'amore, fa esplodere il vocabolario in una pioggia di parole d'occasione. Nei corridoi lo chiamano il Killer, raccoglie gli elogi della dirigenza e vede sfilare i colleghi in esubero con le scatole dei loro effetti personali sottobraccio.
Loro sono due bambini con il papà in ospedale, che mettono a soqquadro la sua vita insegnandogli i rituali teneri e un po' anarchici di una dolorosa paternità d'emergenza. E in pochi istanti spazzano via logiche di rendimento e controllo qualità, premi di produzione e gestione delle risorse umane, come tasselli di un mosaico al contrario in cui l'immagine poco a poco si dissolve nella sottrazione delle parti.
«Gentile collega,
ci consenta di ringraziarla per la fedeltà, la dedizione e l'entusiasmo che ha dimostrato in questi anni. Non lo dimenticheremo. Da parte nostra, le promettiamo che la sua vita fuori dall'azienda sarà meravigliosa. E come lei sa, noi non facciamo promesse se non siamo certi di poterle mantenere.
Cordiali saluti»
La sua vita in azienda è fatta di giornate passate a scrivere spumeggianti lettere di licenziamento, guardando i colleghi "in esubero" che ripongono gli oggetti personali dentro piccole scatole e si avviano lentamente verso casa. La sua vita fuori dall'ufficio, invece, è l'invenzione di una paternità: un ciclone messo in movimento da Martina e Federico, che sono troppo piccoli per diventare grandi e aspettano il ritorno del padre dall'ospedale. Dopo tante parole sprecate per congedare la gente, bisognerà trovarne di intatte per spiegare a loro due che non tutte le cose finiscono, e non tutti i saluti sono degli addii.
È molto difficile raccontare oggi il mondo del lavoro, così volatile da impedire persino all'alienazione di attecchire. Andrea Bajani ha trovato una strada, sul crinale del paradosso. Come uno sguardo attraverso una lente deformata di un solo grado: quel tanto che basta a comporre un ritratto tragicomico del microcosmo di sorde violenze di cui è fatto il nostro quotidiano.
Lui è uno scrittore di lettere di licenziamento. Compone congedi pirotecnici, appassionati e struggenti come lettere d'amore, fa esplodere il vocabolario in una pioggia di parole d'occasione. Nei corridoi lo chiamano il Killer, raccoglie gli elogi della dirigenza e vede sfilare i colleghi in esubero con le scatole dei loro effetti personali sottobraccio.
Loro sono due bambini con il papà in ospedale, che mettono a soqquadro la sua vita insegnandogli i rituali teneri e un po' anarchici di una dolorosa paternità d'emergenza. E in pochi istanti spazzano via logiche di rendimento e controllo qualità, premi di produzione e gestione delle risorse umane, come tasselli di un mosaico al contrario in cui l'immagine poco a poco si dissolve nella sottrazione delle parti.
«Gentile collega,
ci consenta di ringraziarla per la fedeltà, la dedizione e l'entusiasmo che ha dimostrato in questi anni. Non lo dimenticheremo. Da parte nostra, le promettiamo che la sua vita fuori dall'azienda sarà meravigliosa. E come lei sa, noi non facciamo promesse se non siamo certi di poterle mantenere.
Cordiali saluti»
La sua vita in azienda è fatta di giornate passate a scrivere spumeggianti lettere di licenziamento, guardando i colleghi "in esubero" che ripongono gli oggetti personali dentro piccole scatole e si avviano lentamente verso casa. La sua vita fuori dall'ufficio, invece, è l'invenzione di una paternità: un ciclone messo in movimento da Martina e Federico, che sono troppo piccoli per diventare grandi e aspettano il ritorno del padre dall'ospedale. Dopo tante parole sprecate per congedare la gente, bisognerà trovarne di intatte per spiegare a loro due che non tutte le cose finiscono, e non tutti i saluti sono degli addii.
È molto difficile raccontare oggi il mondo del lavoro, così volatile da impedire persino all'alienazione di attecchire. Andrea Bajani ha trovato una strada, sul crinale del paradosso. Come uno sguardo attraverso una lente deformata di un solo grado: quel tanto che basta a comporre un ritratto tragicomico del microcosmo di sorde violenze di cui è fatto il nostro quotidiano.