La punizione. Catania 1976: quattro ragazzi spariti nel nulla
Edito da Marsilio, 2006
135 pagine, € 11,00
ISBN 8831788655
di Salvatore Scalia

Quattro scippatori, tra i dodici e i tredici anni, un mattino dell'aprile 1976, si aggirano su due Vespe 50 ai margini del mercatino rionale del quartiere di San Cristoforo a Catania. Sono attratti dalla deferenza di cui è circondata una donna anziana che, fatta la spesa, si avvia verso casa. Le strappano la borsetta, lei resiste, cade e si frattura un braccio. Il bottino è misero, ma l'oltraggio è grande, perché, senza saperlo, hanno derubato la madre di un capo mafia. I ragazzini da predatori diventano preda. Spariranno nel nulla. Anni dopo un pentito, in preda ai rimorsi, rivelerà il loro destino, però senza alcuna prova concreta. "La punizione" racconta questa storia di dolore, di mistero e di precoce iniziazione alla vita.
Recensione
«Cosa siamo noi davanti all’universo infinito? Che succederebbe se ogni stella si muovesse liberamente e cozzasse con le altre? Un’esplosione dopo l’altra…Perciò il Grande Puparo ha stabilito delle regole e regge le fila di tutto. E persino un angelo ribelle precipita tra le fiamme dell’inferno. Da questa terra però lui è distante, perciò qui i fili spesso s’imbrogliano. Ogni tanto il Puparo si distrae e con uno strattone solleva qualcuno al di sopra degli altri. Perché proprio io? Non si sa. Sono stato scelto dal caso e non posso cedere: loro hanno bisogno di me e io ho bisogno di loro. Guai se si diffondesse la mala erba! Ognuno deve stare al suo posto, con le buone o le cattive».
Questo brano, che andrebbe incluso in una antologia sulla mafia, è il credo di Nitto, il capomafia che ordina “la punizione” contro i quattro ragazzi del quartiere catanese di San Cristoforo, rei di avergli scippato la madre provocandole la rottura di un braccio.
Spariti, mai esistiti, i loro stessi familiari fingono di non sapere e fanno di tutto per non immischiarsi. Le loro vite diventano ricordo che va scolorendosi col tempo, ma la loro storia diviene leggenda, sì da ricordare a ciascuno cosa vuol dire mancare di rispetto agli uomini d’onore.
Un episodio di cronaca reale narrato a trent’anni di distanza che riesce con sorprendente efficacia a raccontare la ferocia della mafia e del destino ineluttabile delle giovani vite che nascono nei quartieri sottratti da Cosa Nostra al controllo dello Stato.
Filippo Di Blasi
«Cosa siamo noi davanti all’universo infinito? Che succederebbe se ogni stella si muovesse liberamente e cozzasse con le altre? Un’esplosione dopo l’altra…Perciò il Grande Puparo ha stabilito delle regole e regge le fila di tutto. E persino un angelo ribelle precipita tra le fiamme dell’inferno. Da questa terra però lui è distante, perciò qui i fili spesso s’imbrogliano. Ogni tanto il Puparo si distrae e con uno strattone solleva qualcuno al di sopra degli altri. Perché proprio io? Non si sa. Sono stato scelto dal caso e non posso cedere: loro hanno bisogno di me e io ho bisogno di loro. Guai se si diffondesse la mala erba! Ognuno deve stare al suo posto, con le buone o le cattive».
Questo brano, che andrebbe incluso in una antologia sulla mafia, è il credo di Nitto, il capomafia che ordina “la punizione” contro i quattro ragazzi del quartiere catanese di San Cristoforo, rei di avergli scippato la madre provocandole la rottura di un braccio.
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