Il vento di Kabul. Cronache afghane
Edito da Baldini Castoldi Dalai, 2006
367 pagine, € 17,50
ISBN 8884909600
di Tiziana Ferrario
Quarta di copertina
Un viaggio nell’Afghanistan del 2006, a quasi cinque anni dall’attacco alle Torri Gemelle, l’inizio della guerra al terrorismo e la caduta del regime dei talebani. Gli incontri con i suoi abitanti e con quelle donne che ancora oggi, nonostante siedano in Parlamento, continuano a essere cedute, scambiate, imprigionate, accusate di reati come l’adulterio o la fuga da casa.
Un viaggio per capire perché la pace e la stabilità siano ancora così lontane nella terra che ha ospitato Osama Bin Laden e i campi di addestramento di Al Qaeda, nel Paese che la Casa Bianca considera un modello di «democrazia da esportazione», lo stesso che sta cercando di applicare in Medio Oriente. I marine americani e i soldati della Nato sono dispiegati in tutte le province, eppure la guerriglia talebana ha rialzato la testa e si è riorganizzata, mentre sono comparsi i kamikaze, realtà prima mai espressa dalla storia afghana, neppure durante i lunghi anni di guerra. L’Afghanistan dipende totalmente dagli aiuti internazionali, rimane il maggiore produttore di oppio al mondo ed è tuttora pieno di armi, con circa 1800 gruppi di milizie private. La libertà di stampa esiste solo sulla carta ed è costantemente nel mirino di giudici conservatori, pronti a imprigionare i giornalisti che violano i sacri principi dell’Islam.
Dalla riflessione schietta e appassionata dell’autrice emerge il ritratto dell’Afghanistan come un caso non risolto. Un Paese in cui il concetto stesso di democrazia è messo in discussione di continuo dalle tradizioni di una società tribale.
Un viaggio nell’Afghanistan del 2006, a quasi cinque anni dall’attacco alle Torri Gemelle, l’inizio della guerra al terrorismo e la caduta del regime dei talebani. Gli incontri con i suoi abitanti e con quelle donne che ancora oggi, nonostante siedano in Parlamento, continuano a essere cedute, scambiate, imprigionate, accusate di reati come l’adulterio o la fuga da casa.
Un viaggio per capire perché la pace e la stabilità siano ancora così lontane nella terra che ha ospitato Osama Bin Laden e i campi di addestramento di Al Qaeda, nel Paese che la Casa Bianca considera un modello di «democrazia da esportazione», lo stesso che sta cercando di applicare in Medio Oriente. I marine americani e i soldati della Nato sono dispiegati in tutte le province, eppure la guerriglia talebana ha rialzato la testa e si è riorganizzata, mentre sono comparsi i kamikaze, realtà prima mai espressa dalla storia afghana, neppure durante i lunghi anni di guerra. L’Afghanistan dipende totalmente dagli aiuti internazionali, rimane il maggiore produttore di oppio al mondo ed è tuttora pieno di armi, con circa 1800 gruppi di milizie private. La libertà di stampa esiste solo sulla carta ed è costantemente nel mirino di giudici conservatori, pronti a imprigionare i giornalisti che violano i sacri principi dell’Islam.
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