L' ultima bicicletta. Il delitto Biagi

Edito da Mursia, 2003
136 pagine, € 13,80
ISBN 8842531073

di Daniele Biacchessi

Quarta di copertina

Bologna: 19 marzo 2002. Marco Biagi, consulente del ministero del Welfare, torna a casa dalla stazione in bicicletta. I tre killer sono già posizionati. Sono le 20,06. Numero 14 di via Valdonica. Biagi è sotto casa. Le 20,07. Solo una voce acuta giunge alle sue spalle. «Professore, ehi professore». Sei colpi in rapida successione. Le 20,15. Biagi spira tra le braccia degli operatori del 118. Resta ancora appoggiata alla parete ciò che resta della sua ultima bicicletta. Quando viene ucciso dalle Brigate Rosse-Partito Comunista Combattente, Marco Biagi ha 51 anni, è membro del Consiglio nazionale dell'Economia e del Lavoro, è impegnato nel suo ruolo di consulente del ministero del Welfare guidato da Roberto Maroni. Professore di diritto del lavoro nel dipartimento di economia aziendale dell'università di Modena e Reggio Emilia, Biagi è anche l'editorialista del «Sole 24 Ore» sui temi del lavoro. Marco Biagi è un consulente dello Stato che lo Stato non ha saputo difendere. I retroscena di un omicidio che a distanza di un anno non ha colpevoli.
Recensione

l Sole 24 Ore

"L'ultima bicicletta é un libro documentario di stretta attualità. Costruito attraverso un abile montaggio di materiali inediti non si limita a ricostruire l'uccisione di Marco Biagi ma traccia la mappa più aggiornata del lavoro di indagine volto ad individuare i suoi assassini. La ricerca di Biacchessi mostra in modo inoppugnabile la continuità tra vecchie e nuove Br" Il Riformista "Le idee di Marco Biagi rivivono in un documentato libro del giornalista Daniele Biacchessi" La Repubblica "Trascorso un anno dal tragico agguato molti fatti rimangono ancora di difficile comprensione, come la mancata conferma della scorta e l'improbabile suicidio del tecnico informatico Michele Landi. Il libro di Biacchessi copre quel vuoto". La Padania "Quali segreti dietro la fine dell'informatico trovato impiccato? Michele Landi aveva capito, qualcuno lo ha suicidato. L'ultima bicicletta svela tutti i particolari inenditi della vicenda e li mette in relazione all'agguato al professor Biagi". TG2 NEON LIBRI "Un libro che aiuta a capire e comprendere perché il passato può ancora ritornare e perché il terrorismo possa colpire gli obiettivi di sempre" TG3 "Un libro scritto in punta di penna per capire e per non dimenticare"

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Liberazione:

"L'ultima bicicletta" Daniele Biacchessi, Mu Annibale Paloscia "L'ultima bicicletta" Daniele Biacchessi, Mursia (pp. 135, euro 13,80) «Un uomo e la sua bicicletta. E' l'immagine di quella fredda sera bolognese di marzo. Biagi è da solo…». Era davvero solo Marco Biagi, era minacciato, ma gli avevano tolto la scorta. Daniele Biacchessi, giornalista di "Radio 24" racconta in un libro, "L'ultima bicicletta", l'uccisione di quel professore di diritto del lavoro che lo Stato non seppe difendere. Marco Biagi, sceso alla stazione di Bologna, andò al parcheggio a prendere la bicicletta, la sua passione: era il 19 marzo 2002. Le Brigate rosse non hanno mai coperto sotto l'anonimato i loro delitti, li hanno sempre rivendicati con una produzione maniacale di comunicati, spesso li hanno perfino preannunciati. Come il delitto Biagi. Nessun uomo normale, se non ha un motivo preciso, legge volentieri i loro documenti funerei, fumosi, poveri di idee, ripetitivi in modo ossessivo. Biacchessi li studia, cerca di decifrarli, li interpreta, per darci un ritratto il più possibile attendibile delle motivazioni omicide delle Br, andando oltre la ricorrente, superficiale spiegazione che per scegliere la prossima vittima basta leggere i giornali e navigare in Internet. Il libro è molto documentato e questo ci dà modo di "leggere" il progetto eversivo delle Br nella sua continuità, scandita dai delitti Ruffilli, D'Antona, Biagi. La condanna a morte del senatore Ruffilli in qualche modo preannuncia quella di D'Antona e di Biagi. Il senatore democristiano non era un personaggio di bandiera, un dirigente di grande popolarità, ma le Br, in qualche modo, attraverso canali misteriosi, lo identificano come «uomo chiave», capace di «ricucire concretamente, attraverso forzature e mediazioni tutto l'arco delle forze politiche intorno al progetto (della Dc, ndr), compreso le opposizioni istituzionali». La citazione di queste frasi dai documenti Br è una felice intuizione investigativa di Biacchessi. Se non altro perché ci sollecita a porre un interrogativo. Se è vero che Ruffilli aveva quel ruolo, è altrettanto vero che ne era a conoscenza solo un gruppo limitato di politici e funzionari di partito. E' difficile immaginare che un gruppetto di terroristi, deciso ad assumere l'eredità delle Br, e per questo costretto a vivere nella clandestinità e a limitare le sue relazioni, abbia i mezzi per indagare in profondità sulla Dc, scoprire che c'è un "uomo chiave", che quell'uomo è proprio Ruffilli e che ammazzarlo è facile. Vero o no che Ruffilli avesse quel ruolo, per far sì che le Br potessero scoprirlo o semplicemente crederlo, c'era bisogno di un suggeritore: è un'ipotesi che ne presuppone un'altra ancora più inquietante: il progetto terroristico cammina sulle gambe delle Br, ma la testa che lo governa è quella del "suggeritore". Sono le stesse Br, nel comunicato sull'omicidio D'Antona, a richiamare la continuità con "l'azione contro Ruffilli". Il fine è lo stesso: impedire il progetto di riforma dello Stato. Anche D'Antona è identificato come un uomo chiave, "il responsabile dell'esecutivo nel patto di Natale". E' del tutto immaginario che D'Antona potesse condizionare la dialettica tra governo, partiti e forze sociali: anche qui dobbiamo ipotizzare che un "suggeritore" abbia assecondato il progetto terroristico enfatizzando il ruolo di D'Antona. Non c'è nessun mistero sul progetto delle Br, ma è buio fitto sugli intrighi del suggeritore. Nell'omicidio Biagi la situazione si ripete: il professore di Bologna era un autorevole giuslavorista, ma le decisioni sulla riforma della legislazione del lavoro erano al di là della sua portata. C'era uno scontro tra governo e forze sociali, rispetto al quale il suo ruolo era marginale. Il ministro dell'Interno dirà brutalmente, dopo il delitto, che era un «coglione». Le Br nella rivendicazione dicono che «l'azione riformatrice di Marco Biagi, esperto giuslavorista e delle relazioni industriali, rappresentante delle istanze e persino dei sogni della Confindustria, si è espressa nell'esecutivo Berlusconi…». Chi ha fatto credere ai terroristi che Biagi avesse un ruolo così decisivo? L'intrigo si svela attraverso elementi concreti. Le Br erano informate che gli era stata tolta la scorta, lui sapeva che l'assassino era fuori la porta di casa. Il libro di Bianchessi ci offre molte pagine di toccante umanità su Marco Biagi, ma il suo pregio è anche quello di fornirci una rigorosa documentazione da cui nascono interrogativi ai quali, finora, sono state date risposte approssimative.

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