Da SwissInfo del 26/03/2006
Originale su http://www.swissinfo.org/sit/swissinfo.html?siteSect=143&sid=65795...
Iraq: Rice ottimista, ma lancia moniti a Iran e Russia
WASHINGTON - Una riduzione "significativa" delle truppe americane in Iraq nel 2006 resta possibile, anzi è "molto probabile". E i leader politici e religiosi iracheni "ce la faranno" a formare un governo di unità nazionale. In una raffica d'interviste alle televisioni americane, la segretaria di Stato Condoleezza Rice manda segnali d'ottimismo, ma avverte Teheran, che non deve interferire in Iraq e non può dotarsi dell'arma nucleare, e fa sapere a Mosca che Washington "prende molto sul serio" un rapporto secondo cui la Russia avrebbe fornito al regime di Saddam Hussein informazioni sui movimenti militari americani prima dell'invasione dell'Iraq nel 2003.
La Rice, che s'appresta a partire per l'Europa, fa propria la linea dei "passi avanti" del presidente George W. Bush, nonostante le notizie da Baghdad continuino a essere tragiche: le novità di oggi sono gli scontri, davanti a una moschea di Baghdad, fra truppe statunitensi e miliziani del leader sciita Moqtada Sadr che hanno causato una ventina di morti e la scoperta di una trentina di corpi decapitati nei pressi d'un villaggio tra la capitale e Baqouba, capoluogo della provincia di Diyala, una delle più violente.
Se l'Amministrazion Bush mantiene l'intenzione di ridurre le truppe in Iraq durante l'anno, tutto continua, però a dipendere "dall'evoluzione della situazione sul terreno", come ammette la Rice, dopo avere giudicato "molto probabile una riduzione significativa delle truppe americane nel corso dell'anno a venire", perché "le forze irachene sono ormai in grado di occuparsi da sole di aree del territorio".
Attualmente, i militari americani in Iraq sono circa 133'000 (a questo punto dell'anno, avrebbero però dovuto essere circa 130'000, secondo quanto era stato anticipato); e responsabili della difesa - la Rice cita il generale George Casey, comandante del contingente in Iraq - hanno già prospettato l'ipotesi di una riduzione a 100'000 entro la fine dell'anno.
Ma la deriva dell'Iraq verso la guerra civile dopo l'attacco a una moschea sciita nella sunnita Samarra il 22 febbraio rende la prospettiva incerta. E il presidente Bush, giorni fa, ha dato per scontato che militari americani saranno ancora in Iraq nel 2009, quando lui avrà lasciato la Casa Bianca.
Parlando delle trattative per la formazione di un governo iracheno di unione nazionale, in gestazione da oltre cento giorni, dopo le elezioni politiche del 15 dicembre, la segretaria di Stato sfoggia pure ottimismo: "Penso che ce la faranno". Per il momento, la Rice non intende immischiarsene: lascia il compito di fare sentire la voce degli Stati Uniti all'ambasciatore Zalmay Khalilzad. "Quando ci sarà bisogno, se ci sarà bisogno, interverrò", assicura.
La prudenza e la pazienza dell'Amministrazione repubblicana contrastano, però, con l'urgenza segnalata, a Baghdad, da due senatori "di prima linea", John McCain, repubblicano, e Rossell Feingold, democratico. I due dicono ai leader iracheni che la pazienza dell'America "si va assottigliando": "Dovete sbrigarvi a formare un governo di unità nazionale" è la sintesi del messaggio. Quella di McCain e Feongold è la seconda delegazione statunitense politica ad alto livello nel giro di una settimana a portare una posizione del genere ai negoziatori di Baghdad, mentre pure l'Amministrazione esercita pressioni per evitare che l'impasse, protraendosi, rallenti o ostacoli la riduzione del contingente.
La Rice dà per scontato che Stati Uniti e Iran avranno presto consultazioni sull'Iraq: i contatti, che dovrebbero tenersi a Baghdad, saranno affidati all'ambasciatore Khalilzad. Washington accusa Teheran, che nega, di interferenze in Iraq politiche, religiose e militari e intende sollecitare l'Iran ad astenersi dalle proprie mene.
Nei colloqui di Baghdad, gli Stati Uniti vogliono tenere la questione irachena ben distinta da quella nucleare dei programmi iraniani a finalità militare, di cui la Rice intende invece parlare nei contatti in Europa. Ma le consultazioni, a New York, dove c'è il segretariato dell'ONU, e nelle capitali sono proseguite anche oggi. C'è consenso, nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, sul fatto che l'Iran non debba dotarsi della bomba atomica e stia "sfidando la volontà del Mondo", che "deve parlare con una sola voce" (le frasi sono della Rice).
Ma sul tono della voce e sui contenuti del messaggio c'è contrasto, fra i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza: toni duri e urgenti da parte di Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia; toni meno ultimativi da parte di Russia e Cina.
Le consultazioni con Mosca sull'Iran potrebbero essere complicate dalle informazioni d'intelligence, contenute in un rapporto del Pentagono, secondo cui la Russia avrebbe fornito al regime di Saddam Hussein informazioni sui movimenti militari statunitensi prima dell'l'invasione dell'Iraq nel 2003. La Rice giudica la questione "molto preoccupanti" e le prende "molto sul serio", perché le informazioni possono essere andate "a detrimento delle forze americane": "Ne parleremo - afferma - con le autorità russe", che, però, hanno definito le indicazioni del rapporto "elucubrazioni". Secondo il Pentagono, Mosca avrebbe girato a Baghdad, che non le avrebbe credute vere, informazioni ottenute da fonti "dentro il Comando centrale degli Stati Uniti" in Qatar.
La Rice, che s'appresta a partire per l'Europa, fa propria la linea dei "passi avanti" del presidente George W. Bush, nonostante le notizie da Baghdad continuino a essere tragiche: le novità di oggi sono gli scontri, davanti a una moschea di Baghdad, fra truppe statunitensi e miliziani del leader sciita Moqtada Sadr che hanno causato una ventina di morti e la scoperta di una trentina di corpi decapitati nei pressi d'un villaggio tra la capitale e Baqouba, capoluogo della provincia di Diyala, una delle più violente.
Se l'Amministrazion Bush mantiene l'intenzione di ridurre le truppe in Iraq durante l'anno, tutto continua, però a dipendere "dall'evoluzione della situazione sul terreno", come ammette la Rice, dopo avere giudicato "molto probabile una riduzione significativa delle truppe americane nel corso dell'anno a venire", perché "le forze irachene sono ormai in grado di occuparsi da sole di aree del territorio".
Attualmente, i militari americani in Iraq sono circa 133'000 (a questo punto dell'anno, avrebbero però dovuto essere circa 130'000, secondo quanto era stato anticipato); e responsabili della difesa - la Rice cita il generale George Casey, comandante del contingente in Iraq - hanno già prospettato l'ipotesi di una riduzione a 100'000 entro la fine dell'anno.
Ma la deriva dell'Iraq verso la guerra civile dopo l'attacco a una moschea sciita nella sunnita Samarra il 22 febbraio rende la prospettiva incerta. E il presidente Bush, giorni fa, ha dato per scontato che militari americani saranno ancora in Iraq nel 2009, quando lui avrà lasciato la Casa Bianca.
Parlando delle trattative per la formazione di un governo iracheno di unione nazionale, in gestazione da oltre cento giorni, dopo le elezioni politiche del 15 dicembre, la segretaria di Stato sfoggia pure ottimismo: "Penso che ce la faranno". Per il momento, la Rice non intende immischiarsene: lascia il compito di fare sentire la voce degli Stati Uniti all'ambasciatore Zalmay Khalilzad. "Quando ci sarà bisogno, se ci sarà bisogno, interverrò", assicura.
La prudenza e la pazienza dell'Amministrazione repubblicana contrastano, però, con l'urgenza segnalata, a Baghdad, da due senatori "di prima linea", John McCain, repubblicano, e Rossell Feingold, democratico. I due dicono ai leader iracheni che la pazienza dell'America "si va assottigliando": "Dovete sbrigarvi a formare un governo di unità nazionale" è la sintesi del messaggio. Quella di McCain e Feongold è la seconda delegazione statunitense politica ad alto livello nel giro di una settimana a portare una posizione del genere ai negoziatori di Baghdad, mentre pure l'Amministrazione esercita pressioni per evitare che l'impasse, protraendosi, rallenti o ostacoli la riduzione del contingente.
La Rice dà per scontato che Stati Uniti e Iran avranno presto consultazioni sull'Iraq: i contatti, che dovrebbero tenersi a Baghdad, saranno affidati all'ambasciatore Khalilzad. Washington accusa Teheran, che nega, di interferenze in Iraq politiche, religiose e militari e intende sollecitare l'Iran ad astenersi dalle proprie mene.
Nei colloqui di Baghdad, gli Stati Uniti vogliono tenere la questione irachena ben distinta da quella nucleare dei programmi iraniani a finalità militare, di cui la Rice intende invece parlare nei contatti in Europa. Ma le consultazioni, a New York, dove c'è il segretariato dell'ONU, e nelle capitali sono proseguite anche oggi. C'è consenso, nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, sul fatto che l'Iran non debba dotarsi della bomba atomica e stia "sfidando la volontà del Mondo", che "deve parlare con una sola voce" (le frasi sono della Rice).
Ma sul tono della voce e sui contenuti del messaggio c'è contrasto, fra i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza: toni duri e urgenti da parte di Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia; toni meno ultimativi da parte di Russia e Cina.
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