Da Agenzia Fides del 22/05/2006
Originale su http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=9593&lan=ita
India: non entra in vigore in Rajasthan la legge anti-conversioni
Il Governatore la rinvia all'assemblea legislativa
Jaipur - E' una piccola vittoria per la comunità cristiana in Rajasthan, che lascia aperti spiragli di speranza: la sig.ra Pratibha Patil, Governatore dello stato, non ha firmato il decreto anti-conversioni approvato il 7 aprile scorso dal Parlamento e lo ha rinviato alla stessa assemblea. Per effetto di questa mancata ratifica, il provvedimento non entra in vigore e, almeno per ora, non ha dunque forza di legge.
“E' stato un atto di coraggio, che ha un valore maggiore perché viene da un Governatore donna”, hanno detto le minoranze religiose, visibilmente soddisfatte anche per la motivazione data dal Governatore, che ha sottolineato come “il decreto colpisca la libertà di religione dei cittadini”.
Il provvedimento di legge, approvato dal governo dei Baratiya Janata Party, nonostante l'opposizione del Partito del Congresso e anche di alcuni settori della maggioranza, vieta le conversioni operate con l'inganno o con mezzi fraudolenti, e prevede per i colpevoli il carcere pene fino a 50mila rupie.
Contro la legge si erano già espressi i leader religiosi cristiani di diverse confessioni e musulmani in Rajasthan, che avevano rivolto un appello al governo federale dell'Unione Indiana, chiedendo di non dare il proprio assenso alla legge. Essa, hanno detto i leder religiosi, viola gli articoli n. 19 e n. 25 della Costituzione Indiana, che garantiscono libertà di religione per tutti i cittadini. “Il documento è parte dell'agenda nazionalista e intollerante del Baratiya Janata Party”, hanno sottolineato, notando che il provvedimento vieta le conversioni dall'induismo ad altre religioni, ma riconosce il diritto di passare da altre religioni all'induismo.
I leader religiosi si sono anche incontrati pubblicamente in una piazza di Jaipur, capitale dello stato del Rajasthan, e hanno ricevuto la solidarietà di numerosi fedeli di diverse religioni, di cittadini di religione indù, di rappresentanti di movimenti e associazioni, anche di alcune autorità civili. Fra gli stati dell'Unione Indiana, simili provvedimenti sono in vigore in Orissa, Madhya Pradesh, Gujarat, Uttar Pradesh, Arunachal Pradesh, Chhattisgarh.
“E' stato un atto di coraggio, che ha un valore maggiore perché viene da un Governatore donna”, hanno detto le minoranze religiose, visibilmente soddisfatte anche per la motivazione data dal Governatore, che ha sottolineato come “il decreto colpisca la libertà di religione dei cittadini”.
Il provvedimento di legge, approvato dal governo dei Baratiya Janata Party, nonostante l'opposizione del Partito del Congresso e anche di alcuni settori della maggioranza, vieta le conversioni operate con l'inganno o con mezzi fraudolenti, e prevede per i colpevoli il carcere pene fino a 50mila rupie.
Contro la legge si erano già espressi i leader religiosi cristiani di diverse confessioni e musulmani in Rajasthan, che avevano rivolto un appello al governo federale dell'Unione Indiana, chiedendo di non dare il proprio assenso alla legge. Essa, hanno detto i leder religiosi, viola gli articoli n. 19 e n. 25 della Costituzione Indiana, che garantiscono libertà di religione per tutti i cittadini. “Il documento è parte dell'agenda nazionalista e intollerante del Baratiya Janata Party”, hanno sottolineato, notando che il provvedimento vieta le conversioni dall'induismo ad altre religioni, ma riconosce il diritto di passare da altre religioni all'induismo.
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