Da Agenzia Fides del 05/06/2006
Originale su http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=9718&lan=ita
Pakistan: conversioni forzate all’islam
Denunce dei cristiani e delle altre comunità religiose di minoranza
Lahore - Il fenomeno delle conversioni forzate all’islam sta creando preoccupazioni nella comunità cristiana e in altre minoranze religiose del Pakistan.
Di recente un forum di leader religiosi ha scritto un documento dal titolo “Conversioni forzate di donne e diritti delle minoranze in Pakistan” che ha lanciato l’allarme per una pratica che si diffonde con crescente capillarità nel paese, soprattutto a scapito di donne e bambini. Fra i firmatari del documento, Mons. Joseph Cutts,Vescovo di Faisalabad, ha notato: “E’ triste constatare che le minoranze religiose, in particolare i cristiani e gli indù, non possano godere dell’uguaglianza dei diritti, un principio sancito nella Costituzione del Pakistan”.
A essere interessate dal fenomeno delle “conversioni forzate” sono soprattutto le province del Punjab, della Frontiera di Nord Ovest e del Sind, dove è diffuso un islam integralista che vede la presenza di comunità religiose diverse come “corpi estranei” nella società pakistana. Spesso la bassa condizione sociale delle comunità cristiane, indù e sikh, è un elemento sfavorevole: i grandi proprietari terrieri, tutti musulmani, chiedono ai contadini di convertirsi all’islam prima di dare loro un lavoro oppure, forti del loro potere economico e politico, sequestrano giovani donne, le costringono a convertirsi all’islam e le prendono come mogli.
Secondo diverse organizzazioni non governative che monitorano la situazione dei diritti umani in Pakistan, il fenomeno delle conversioni forzate all’islam è diffuso e molto preoccupante, soprattutto perché nessuno cerca di mettere un freno alla pratica, e si agisce nella più completa impunità. I leader delle associazioni civili e i leader religiosi hanno deciso di stilare un documento che raccolga gli episodi più eclatanti, di sottoporlo alle autorità civili e politiche, di lanciare una campagna di pressione internazionale.
La Chiesa in Pakistan, attraverso la Commissione “Giustizia e pace” e la Caritas è in prima linea in questa lotta e da anni sta conducendo una campagna a largo raggio in difesa delle minoranze religiose. Fra le proposte in agenda, vi è l’abolizione della “legge sulla blasfemia”, ritenuta ingiusta, iniqua e discriminatoria. In Pakistan, su 156 milioni di persone, la popolazione è al 96% musulmana. I cristiani sono il 2,5% (circa 1,2 milioni i cattolici), gli indù l’1,5%.
Di recente un forum di leader religiosi ha scritto un documento dal titolo “Conversioni forzate di donne e diritti delle minoranze in Pakistan” che ha lanciato l’allarme per una pratica che si diffonde con crescente capillarità nel paese, soprattutto a scapito di donne e bambini. Fra i firmatari del documento, Mons. Joseph Cutts,Vescovo di Faisalabad, ha notato: “E’ triste constatare che le minoranze religiose, in particolare i cristiani e gli indù, non possano godere dell’uguaglianza dei diritti, un principio sancito nella Costituzione del Pakistan”.
A essere interessate dal fenomeno delle “conversioni forzate” sono soprattutto le province del Punjab, della Frontiera di Nord Ovest e del Sind, dove è diffuso un islam integralista che vede la presenza di comunità religiose diverse come “corpi estranei” nella società pakistana. Spesso la bassa condizione sociale delle comunità cristiane, indù e sikh, è un elemento sfavorevole: i grandi proprietari terrieri, tutti musulmani, chiedono ai contadini di convertirsi all’islam prima di dare loro un lavoro oppure, forti del loro potere economico e politico, sequestrano giovani donne, le costringono a convertirsi all’islam e le prendono come mogli.
Secondo diverse organizzazioni non governative che monitorano la situazione dei diritti umani in Pakistan, il fenomeno delle conversioni forzate all’islam è diffuso e molto preoccupante, soprattutto perché nessuno cerca di mettere un freno alla pratica, e si agisce nella più completa impunità. I leader delle associazioni civili e i leader religiosi hanno deciso di stilare un documento che raccolga gli episodi più eclatanti, di sottoporlo alle autorità civili e politiche, di lanciare una campagna di pressione internazionale.
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