Da Panorama del 29/06/2006
Originale su http://www.panorama.it/italia/cronaca/articolo/ix1-A020001036890
Armi: Made in Italy esplosivo
Va molto bene per i piccoli calibri. Le esportazioni sono cresciute, il Paese si è confermato il secondo esportatore mondiale, dopo gli Stati Uniti, di fucili, pistole e munizioni.
Nel quadro di stagnazione economica italiana, c'è un settore del commercio che va molto bene: quello delle armi di piccolo calibro. Le esportazioni, nel biennio 2004-2005 sono cresciute del 22,6% rispetto al biennio precedente e il Paese si è confermato il secondo esportatore mondiale, dopo gli Stati Uniti, di fucili, pistole e munizioni. I numeri arrivano dal rapporto 2006 del centro ricerche Archivio disarmo e sono una rielaborazione di dati Istat.
EXPORT VERSO EUROPA E AMERICA
Dopo il picco raggiunto nel 2001, le vendite erano sembrate in calo, ma poi hanno ripreso ancora più massicce a partire dal 2004. In termini economici, i trasferimenti sono stati di 358 milioni di euro nel 2004 e hanno raggiunto la cifra record di 410 milioni l'anno successivo. La distribuzione ha riguardato principalmente i paesi europei (44% delle vendite) e l'America Settentrionale (35%).
VIOLAZIONE DEI DIRITTI UMANI
In tutto questo, c'è un problema, secondo Archivio disarmo: un quinto delle armi vendute è andato a finire in teatri di guerra o zone dove sono violati i diritti umani. E dove le armi possono essere usate per alimentare questi conflitti e perpetrare queste violazioni.
Fra le situazioni degne di nota, il rapporto segnala quella della Colombia, dove l'Italia ha esportato fra il 2001-2005 circa 1 milione 600 mila euro in armi da fuoco e munizioni, "malgrado il conflitto strutturale che caratterizza la repubblica latinoamericana".
OK PER LA LEGGE
La legislazione consente questi commerci. Se infatti la legge 185 del 1990 vieta l'esportazione di armi militari verso paesi coinvolti in conflitti, soggetti a embargo degli armamenti o accusati dall'Onu e dall'Unione Europea di violazioni dei diritti umani, la stessa legislazione non si applica a quelle di uso civile, cioè le armi di piccolo calibro.
Secondo Archivio sisarmo, "l'Italia deve assumere maggiori responsabilità, è urgente rafforzare i meccanismi di controllo".
Altre associazioni, come Amnesty International e la Rete italiana per il disarmo, un network che raccoglie più di 30 organizzazioni, si battono da anni, attraverso la campagna Control arms, perché sia adottato un trattato internazionale che imponga un maggiore controllo sul commercio.
E pochi giorni fa, il 26 giugno, si è svolta a New York una conferenza dell'Onu per cercare una soluzione alla proliferazione di questo tipo di armi, definite da Kofi Annan "veri e propri strumenti di distruzione di massa".
EXPORT VERSO EUROPA E AMERICA
Dopo il picco raggiunto nel 2001, le vendite erano sembrate in calo, ma poi hanno ripreso ancora più massicce a partire dal 2004. In termini economici, i trasferimenti sono stati di 358 milioni di euro nel 2004 e hanno raggiunto la cifra record di 410 milioni l'anno successivo. La distribuzione ha riguardato principalmente i paesi europei (44% delle vendite) e l'America Settentrionale (35%).
VIOLAZIONE DEI DIRITTI UMANI
In tutto questo, c'è un problema, secondo Archivio disarmo: un quinto delle armi vendute è andato a finire in teatri di guerra o zone dove sono violati i diritti umani. E dove le armi possono essere usate per alimentare questi conflitti e perpetrare queste violazioni.
Fra le situazioni degne di nota, il rapporto segnala quella della Colombia, dove l'Italia ha esportato fra il 2001-2005 circa 1 milione 600 mila euro in armi da fuoco e munizioni, "malgrado il conflitto strutturale che caratterizza la repubblica latinoamericana".
OK PER LA LEGGE
La legislazione consente questi commerci. Se infatti la legge 185 del 1990 vieta l'esportazione di armi militari verso paesi coinvolti in conflitti, soggetti a embargo degli armamenti o accusati dall'Onu e dall'Unione Europea di violazioni dei diritti umani, la stessa legislazione non si applica a quelle di uso civile, cioè le armi di piccolo calibro.
Secondo Archivio sisarmo, "l'Italia deve assumere maggiori responsabilità, è urgente rafforzare i meccanismi di controllo".
Altre associazioni, come Amnesty International e la Rete italiana per il disarmo, un network che raccoglie più di 30 organizzazioni, si battono da anni, attraverso la campagna Control arms, perché sia adottato un trattato internazionale che imponga un maggiore controllo sul commercio.
E pochi giorni fa, il 26 giugno, si è svolta a New York una conferenza dell'Onu per cercare una soluzione alla proliferazione di questo tipo di armi, definite da Kofi Annan "veri e propri strumenti di distruzione di massa".
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