Da Punto Informatico del 17/07/2006
Originale su http://www.punto-informatico.it/p.aspx?id=1572214

P2P: inversione di rotta in vista?

Le scelte di due tribunali, uno americano e l'altro olandese, gettano ombre sul modo in cui i detentori del diritto d'autore tentano di incastrare gli utenti dei sistemi di file-sharing. Qualcosa è cambiato
New York (USA) - Desta sensazione su mezza internet la notizia secondo cui una mamma ha sconfitto la RIAA in un tribunale americano, riuscendo così a prevalere sull'associazione che cura gli interessi di diverse multinazionali della musica. E suscita attenzione nelle stesse ore la scelta di una corte d'Appello olandese di affossare i metodi con cui le major ravanano in rete a caccia di dati con cui denunciare gli appassionati di musica o di cinema.

RIAA, promotrice della più massiccia campagna di denunce contro utenti internet e da sempre impegnata nel colpire le mamme, aveva accusato la signora Debbie Foster di violazione del diritto d'autore, sostenendo che dal proprio computer la donna avrebbe scaricato e condiviso file musicali senza autorizzazione. Come sempre in queste occasioni, RIAA ha offerto alla signora di chiudere il caso prima del processo dietro pagamento di 5mila dollari: la stragrande maggioranza dei denunciati ha fin qui accettato di pagare per evitare un costoso processo. Questa volta però le cose sono andate diversamente.

Foster ha infatti deciso di procedere in tribunale e ha richiesto che venissero assunti come prove del caso i dati della RIAA relativi al giorno e all'ora esatta della violazione, l'IP rilevato e le denominazioni dei file coinvolti. Tutti elementi che RIAA non ha saputo fornire. A quel punto i legali di Foster hanno avuto gioco facile nell'ottenere l'archiviazione del caso da parte del giudice, un'archiviazione chiesta per evitare danni maggiori dalla stessa RIAA. Con un risultato inatteso: il magistrato ha infatti condannato RIAA al pagamento di tutte le spese legali della signora Foster.

Inutile dire come la vicenda getti ombre sui metodi della RIAA. C'è chi si chiede cosa accadrebbe se tutti i denunciati avessero rifiutato patti extragiudiziali e scelto la via del tribunale. Ma sono metodi che saranno presto messi alla prova, e forse proprio da un'altra mamma, impegnata con l'assistenza di siti internet ed utenti a combattere le pretese della RIAA.

Ma l'idea che si possa utilizzare impunemente un software di harvesting dei dati delle reti peer-to-peer per sfruttarli poi in tribunale e per denunciare utenti, pratiche invalse ormai da tempo nell'industria, è finita nuovamente nel mirino di un giudice, questa volta olandese.

In un caso di un certo rilievo, infatti, una corte d'appello olandese ha rigettato le richieste dell'industria di ottenere da cinque diversi provider i nomi di utenti che, secondo i detentori del diritto d'autore, avrebbero utilizzato le piattaforme di sharing per attività illegali.

Il tribunale ha ritenuto infatti che BREIN, l'ente che combatte la pirateria per conto dell'industria, abbia usato metodi non ortodossi. In particolare, che abbia fatto ricorso alle tecnologie della società americana MediaSentry, un'entità molto gettonata tra le major per i suoi sistemi di monitoraggio del P2P.

Secondo la Corte olandese, i metodi di raccolta dei dati e il loro trattamento da parte della stessa società americana non sono compatibili con la legislazione europea sulla privacy. Sotto accusa, non da ora, il fatto che il software dell'azienda "scansioni l'hard disk" degli utenti, una procedura ritenuta lesiva della riservatezza in Europa. Illegale, inoltre, associare ad un numero IP il nome e la tipologia dei file rinvenuti.

Ma se BREIN annuncia che ricorrerà ulteriormente contro questa decisione, la sensazione di molti osservatori è che il vento stia girando contro l'industria dei contenuti. Dalla clamorosa retromarcia sulle denunce contro gli utenti da parte dell'ex capo della RIAA Hilary Rosen ai fermenti pro-P2P in Svezia, all'espansione internazionale del cosiddetto "partito dei pirati", si moltiplicano i segnali di insofferenza per la politica repressiva con cui, fin qui, le major hanno abbracciato l'avvento dell'ambiente digitale.

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