Da Panorama del 13/09/2006
Originale su http://www.panorama.it/mondo/medioriente/articolo/ix1-A020001037870

Siria: l'attentato di Damasco, un'occasione

I complimenti del portavoce della Casa Bianca per l'intervento delle forze speciali. Quelli del segretario di Stato americano. Bashar Assad incassa l'apertura di credito Usaa. E pensa a scrollarsi di dosso la fama di Paese canaglia
Parlare di disgelo è prematuro. Eppure lo sventato attentato all'ambasciata statunitense a Damasco un effetto politico lo potrebbe produrre: sdoganare Damasco sulla scacchiera internazionale dopo anni di isolamento e velate minacce di sanzioni economiche e militari. La prima a complimentarsi con il governo siriano per l'efficienza delle sue forze speciali è stata Condoleezza Rice, seguita a pochi minuti di distanza dal portavoce della Casa Bianca, Tony Snow: «Una volta di più la Siria ha dimostrato di poter essere un importante alleato nella guerra contro il terrorismo». Anche i tg sui media americani - persino quelli conservatori come Fox - hanno cambiato tono e aperto il dibattito sulla vera natura del regime siriano: Paese-canaglia o piuttosto baluardo militarista e laico contro l'ascesa al potere dei Fratelli musulmani? Amico e finanziatore di Hezbollah e Hamas o alleato nella guerra al terrorismo di Al Qaeda? Il clima, nella comunità internazionale, sta cambiando e Damasco potrebbe approfiottarne per ritagliarsi un nuovo ruolo sulla scena mediorientale.


DUE GARANZIE

Considerato come uno dei Paesi dell'Asse del Male, e ritenuto responsabile del finanziamento di organizzazioni della black list del terrore, in Libano, in Iraq, in Palestina, il regime siriano è stato per lunghi anni un alleato di ferro dei sovietici, dai quali ha mutuato due elementi che oggi possono tornare utili agli americani e agli europei nella loro guerra contro le forze irregolari del terrorismo: 1) l'impronta laica e antifondamentalista del Baath, il partito-Stato responsabile della repressione della rivolta islamista di Hama del 1982; 2) il carattere fortemente militarista dello Stato siriano, a garanzia dell'efficienza dei suoi tentacolari servizi segreti, più volte lodati dagli americani dopo l'11 settembre per aver fornito informazioni chiavi nella caccia agli uomini di Al Qaeda. Anche Gerusalemme, che (a ragione) ha sempre accusato Damasco di fornire appoggio logistico e militare alle componenti più oltranziste di Hamas, questa volta preferisce tacere: qualora il regime siriano dovesse implodere, al confine con Israle nascerebbe con ogni probabilità uno Stato governato dai Fratelli musulmani, un'organizzazione islamista in ascesa tra la popolazione povera di Aleppo, Hama e Damasco.


OCCASIONE

Del resto, la scelta siriana di finanziare Hamas ed Hezbollah - lungi dall'essere una scelta ideologica a sostegno dei fondamentalisti palestinesi e libanesi - è stata determinata da una considerazione pragmatica: solo innalzando il livello di tensione internazionale ai confini con la Siria, si può sperare che le minacce israelo-americane restino lettera morta. Giusto o sbagliato che sia è stato questo il calcolo siriano. Ora tutto potrebbe cambiare, anche nel traffico di armi verso il Libano, se Bashar al Assad saperà cogliere l'occasione.

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