Da La Stampa del 09/05/2005
Le ombre sulla festa di Mosca
di Aldo Rizzo
E’ una grande, ma anche strana parata quella che oggi sulla Piazza Rossa di Mosca celebra i sessant'anni della vittoria alleata sul nazifascismo. Infatti sono presenti i capi di governo dei tre Paesi allora sconfitti, e cioè Germania, Giappone e Italia, ma è assente il premier di una delle tre potenze vincitrici, cioè il britannico Blair. C'è invece il presidente americano, accanto a quello russo, padrone di casa e organizzatore dei festeggiamenti, ma dopo tutta una serie di dichiarazioni polemiche da ambo le parti. La tensione si è inevitabilmente stemperata nell'incontro diretto di ieri, ma le cose che sono state dette restano e pesano.
L'assenza di Blair è stata ufficialmente motivata dalle incombenze di politica interna seguite alla vittoria elettorale di mercoledì e il leader laburista si è personalmente scusato con Putin. Tuttavia non è manifestamente infondata l'ipotesi che, con le incombenze suddette, Blair abbia colto l'occasione di tenersi fuori da una cerimonia diventata foriera di controversie storiche e politiche. Forse sarebbe stato meglio, per i tutti i governi democratici dell'Occidente, abbassare il livello della loro rappresentanza? Si sarebbe comunque reso omaggio a una grande ricorrenza, e al decisivo e drammatico contributo fornito dall'allora Unione Sovietica, ma senza prestarsi al disegno del Cremlino di farne una spropositata manifestazione di orgoglio nazionale russo, con la conseguente necessità di precisazioni polemiche.
Evidentemente, questo non è stato il pensiero di Bush, che ha preferito la presenza sulla Piazza Rossa e le critiche storico-politiche al sistema totalitario imposto dall'Urss a mezza Europa dopo la vittoria del 1945, nonché al persistere di ambiguità nella politica interna ed estera di Mosca, pur dopo il crollo del comunismo. Ciò, in coerenza con la nuova linea americana d'intransigenza, almeno teorica, ma spesso anche pratica, verso ogni forma di dittatura, o anche solo di limitazione delle libertà.
Resta il problema di come conciliare questa linea, in sé più che apprezzabile, con le opportunità concrete della politica, a volte riducibili alla scelta del male minore.
Quanto a Putin, nessuno può seriamente pensare che intenda ricostituire l'Urss, ma la sua opera di modernizzatore non è esente da dubbi. E dunque è giusto tenerlo sotto pressione, però non senza cautele. Questo e altro oggi nella grande parata sulla Piazza Rossa. In assenza di Blair.
L'assenza di Blair è stata ufficialmente motivata dalle incombenze di politica interna seguite alla vittoria elettorale di mercoledì e il leader laburista si è personalmente scusato con Putin. Tuttavia non è manifestamente infondata l'ipotesi che, con le incombenze suddette, Blair abbia colto l'occasione di tenersi fuori da una cerimonia diventata foriera di controversie storiche e politiche. Forse sarebbe stato meglio, per i tutti i governi democratici dell'Occidente, abbassare il livello della loro rappresentanza? Si sarebbe comunque reso omaggio a una grande ricorrenza, e al decisivo e drammatico contributo fornito dall'allora Unione Sovietica, ma senza prestarsi al disegno del Cremlino di farne una spropositata manifestazione di orgoglio nazionale russo, con la conseguente necessità di precisazioni polemiche.
Evidentemente, questo non è stato il pensiero di Bush, che ha preferito la presenza sulla Piazza Rossa e le critiche storico-politiche al sistema totalitario imposto dall'Urss a mezza Europa dopo la vittoria del 1945, nonché al persistere di ambiguità nella politica interna ed estera di Mosca, pur dopo il crollo del comunismo. Ciò, in coerenza con la nuova linea americana d'intransigenza, almeno teorica, ma spesso anche pratica, verso ogni forma di dittatura, o anche solo di limitazione delle libertà.
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