
E’ una giornata storica per il Congo quella trascorsa lunedì tra le aule dei palazzi di giustizia dell’Aia. La Corte Internazionale di Giustizia ha ritenuto infatti l’Uganda responsabile di violazione della sovranità territoriale del Congo e dei crimini commessi dalle proprie truppe durante la guerra che ha insanguinato i Grandi Laghi dal 1998 al 2003. Un verdetto pesantissimo, che ha dato ragione alle autorità di Kinshasa, intenzionate a chiedere all’Uganda un risarcimento tra i 6 e i 10 miliardi di dollari. Un verdetto che, soprattutto, mette fine alla spirale di impunità che finora ha protetto i responsabili della “prima guerra mondiale africana”.

SENTENZA DURA. Le autorità congolesi hanno raccolto lunedì quanto seminato nel lontano 1999, quando presentarono alla Corte dell’Aia un dettagliato dossier che enumerava le (fino a ieri) presunte responsabilità dell’Uganda nel conflitto. La Corte ha accolto tutte le principali istanze presentate da Kinshasa: dalla violazione della sovranità territoriale, ai crimini (uccisioni e torture) perpetrati nei confronti dei civili, al sistematico saccheggio di risorse naturali condotto con l’aiuto dell’esercito ugandese e dei ribelli appoggiati da Kampala. La Corte ha giudicato inoltre “ragionevole” la richiesta di risarcimento presentata da Kinshasa, che ammonterebbe a una cifra (ancora non fissata) compresa tra i 6 e i 10 miliardi di dollari, mentre non ha ritenuto che l’accusa di una “politica sistematica di terrore” condotta contro la popolazione congolese sia stata “sufficientemente provata”. Unico punto a favore di un’Uganda che esce sonoramente battuta, soprattutto per quanto riguarda la propria immagine internazionale.

LE REAZIONI. Le autorità congolesi si sono dette ovviamente soddisfatte della sentenza, definitiva e senza possibilità di appello, ma non hanno voluto calcare troppo la mano assicurando di essere pronte a trattare con la controparte ugandese sul risarcimento. Da parte sua il governo di Kampala mantiene uno stretto riserbo sulla vicenda: PeaceReporter ha più volte provato a contattare il Ministro degli Affari Esteri Sam Kuteesa, ma senza esito. Il Ministro della Giustizia Khiddu Makubuya ha preferito invece non commentare la notizia, in attesa di leggere l’intero testo della sentenza. La linea difensiva ugandese, che sosteneva come l’esercito di Kampala avesse invaso il Congo per proteggere i propri confini e dare la caccia ai ribelli attivi in Ituri, non è passata. Ora i due governi avranno la possibilità di accordarsi sull’entità del risarcimento, in caso contrario l’ammontare verrà fissato dalla Corte stessa.

CASO STORICO. La sentenza di lunedì rappresenta un precedente storico per il Congo. Per la prima volta infatti uno stato viene giudicato responsabile della quinquennale guerra che ha provocato la morte di quasi 4 milioni di persone e ha visto la partecipazione degli eserciti di Zimbabwe, Angola, Namibia, Uganda, Ruanda e Burundi. Un monito soprattutto per questi ultimi due, che nel 1998 assieme all’Uganda invasero l’est del Congo dando il via al conflitto. La spirale di impunità che da sempre ha circondato i principali soggetti della guerra si è finalmente spezzata, anche se perseguire tutti i responsabili rimane un’impresa impossibile. Le autorità congolesi non sembrano intenzionate a incriminare Ruanda e Burundi, ma alcuni ex-capi ribelli, tra cui l’attuale vice-presidente congolese Jean-Pierre Bemba, dovrebbero apparire davanti alla Corte Penale Internazionale per le atrocità commesse dai loro uomini durante il conflitto. E la lista potrebbe ancora allungarsi.