Da Greenreport del 28/09/2006
Originale su http://www.greenreport.it/contenuti/leggi.php?id_cont=3856
Ma senza riduzione dei consumi ogni soluzione è provvisoria
Da Parigi il presidente di Edf rilancia l´utilizzo di tutte le fonti, dal carbone alle rinnovabili. L´economista Rifkin punta tutto sull´idrogeno. Ma tra 25 anni potrebbe essere troppo tardi
PARIGI. Alla giornata franco italiana sull'energia che si svolge oggi a Parigi, Pierre Gadonneix, presidente dell'EdF dichiara che «siamo entrati nell'era dell'energia rara», intendendo con questo sottolineare il fatto che l'Europa non è più in una fase congiunturale come ve ne sono state in passato, ma che si trova di fronte a un cambiamento epocale in cui «l'adeguamento delle risorse ai bisogni diventa più problematico».
La strada che il presidente EdF indica per affrontare questa nuova è allora molto pragmatica: alleanza a livello europeo e utilizzo di tutte le tecnologie disponibili
Conviene mantenere tutte le opzioni dice infatti Pierre Gadonneix, «nessuna tecnologia deve essere idolatrata né demonizzata». E quindi sfruttare il carbone che ancora è presente in riserve cospicue, magari nella sua forma più pulita, sviluppare le energie rinnovabili e anche quella nucleare, che avrebbe il vantaggio di non contribuire all'aumento del riscaldamento globale. E investire su Ricerca e sviluppo. Un messaggio chiaro che non lascia spazio a tentennamenti, e che invita a non avere più esitazioni a costruire una alleanza forte a livello europeo, lasciando da parte le divisioni nazionali, per poter avere maggiore forza contrattuale nei confronti dei paesi che possiedono delle risorse energetiche.
Secondo il pensiero di Jeremy Rifkin, presidente della Foundation on Economic Trends e grande fautore dell'idrogeno, solo in Italia potrebbe esserci il potenziale per portare non solo l'Europa, ma addirittura tutto il resto del mondo «fuori dall'era del petrolio e portarlo in quella dell´idrogeno».
L'elenco delle energie rinnovabili che potrebbero essere utilizzate nel nostro Paese sono in effetti molteplici: dal solare all'eolico, dal geotermico all'idroelettrico e alle biomasse. Ma per sfruttarne appieno il potenziale bisogna secondo Rifkin, immagazzinare queste potenzialità energetiche sotto forma di idrogeno, che potrà poi essere erogato come l'energia elettrica.
Ma veniamo ai tempi per mettere in atto queste strategie.
Secondo il presidente dell'EdF, il consumo di energia continuerà a crescere al ritmo del 50% in una generazione (circa 25 anni) e per i fabbisogni elettrici bisognerà costruire 600 gigawatt in 30anni in Europa, sei volte l'attuale parco francese.
Secondo Rifkin per impiantare le infrastrutture di un´economia basata sull´idrogeno servono 25-30 anni e nel frattempo è quindi necessario mettere in atto una strategia basata sul risparmio e sull'efficienza energetica.
Ma rispetto agli scenari dei cambiamenti climatici in atto non rischiamo di arrivare tardi all'appuntamento? Quando cioè gran parte dei territori mondiali saranno sott'acqua e milioni di persone saranno i nuovi profughi?
Lo chiediamo a Massimo Serafini, della Segreteria nazionale di Legambiente.
«La partita è già giocata. Dobbiamo abituarci all'idea di convivere con i fenomeni previsti e agire ormai come soluzione del danno e non più come prevenzione. Il processo in atto è talmente accelerato e abbiamo perso così tanto tempo per cercare di mettere in atto i pur modesti obiettivi di Kyoto, che se anche raggiungiamo l'abbattimento dei consumi e dei gas climalteranti anche sopra i livelli di Kyoto, non servirà a fermare il fenomeno».
Quindi più che puntare su tutte le tecnologie a disposizione come indica Gadonneix, o all'idrogeno come invece dice Rifkin, bisognerebbe rivedere le previsioni dei consumi?
«Certo. Si deve partire da subito a pianificare la domanda. Con quelli scenari siamo fuori scala. Bisogna senza dubbio puntare sull'efficienza, ma per ridurre il fabbisogno primario e non per dilatare dei consumi. Se non si inverte questo scenario non ci sarà tecnologia in grado di dare risposta a quei fabbisogni senza innescare una accelerazione ai fenomeni che sono la conseguenza del surriscaldamento globale e sono già evidenti».
C'è chi invece a livello europeo ha puntato sulla potenzialità del sole. E' il caso della Germania che ha scelto di abbandonare l'energia nucleare entro il 2020 è ha avviato una politica volta a massimizzare da un lato l'efficienza degli usi finali e dall'altra allo sviluppo delle fonti rinnovabili, a partire dal sole.
«Politiche che ha molto indirizzato Hermann Sheer, responsabile energia dell'Spd e membro del parlamento tedesco, secondo il quale non conviene più puntare su grandi impianti, ma sulla produzione diffusa».
La generazione distribuita potrebbe essere l'approccio giusto per soppiantare il concetto tradizionale del grande impianto che poi distribuisce a chi ne fa richiesta?
«E' vero che per costruire una centrale tradizionale ci vogliono dieci anni, se va bene, e prima che sia finita non produce nemmeno un watt. L'energia primaria invece non ha costi se non quelli tecnologici che si abbattono tanto più va avanti la produzione seriale degli impianti. E' per questo che le energie rinnovabili diventano sempre più a buon mercato e le tradizionali sempre più care.
Così come puntare all'auto ibrida in attesa dell'auto elettrica, e al rinnovo dei carburanti, ad esempio da biomasse è più conveniente che non ricorrere a passaggi così lunghi che portano fino all'idrogeno
Ma ripeto tutto questo va bene se e solo se si riducono i consumi, altrimenti non ce la faremo mai».
La strada che il presidente EdF indica per affrontare questa nuova è allora molto pragmatica: alleanza a livello europeo e utilizzo di tutte le tecnologie disponibili
Conviene mantenere tutte le opzioni dice infatti Pierre Gadonneix, «nessuna tecnologia deve essere idolatrata né demonizzata». E quindi sfruttare il carbone che ancora è presente in riserve cospicue, magari nella sua forma più pulita, sviluppare le energie rinnovabili e anche quella nucleare, che avrebbe il vantaggio di non contribuire all'aumento del riscaldamento globale. E investire su Ricerca e sviluppo. Un messaggio chiaro che non lascia spazio a tentennamenti, e che invita a non avere più esitazioni a costruire una alleanza forte a livello europeo, lasciando da parte le divisioni nazionali, per poter avere maggiore forza contrattuale nei confronti dei paesi che possiedono delle risorse energetiche.
Secondo il pensiero di Jeremy Rifkin, presidente della Foundation on Economic Trends e grande fautore dell'idrogeno, solo in Italia potrebbe esserci il potenziale per portare non solo l'Europa, ma addirittura tutto il resto del mondo «fuori dall'era del petrolio e portarlo in quella dell´idrogeno».
L'elenco delle energie rinnovabili che potrebbero essere utilizzate nel nostro Paese sono in effetti molteplici: dal solare all'eolico, dal geotermico all'idroelettrico e alle biomasse. Ma per sfruttarne appieno il potenziale bisogna secondo Rifkin, immagazzinare queste potenzialità energetiche sotto forma di idrogeno, che potrà poi essere erogato come l'energia elettrica.
Ma veniamo ai tempi per mettere in atto queste strategie.
Secondo il presidente dell'EdF, il consumo di energia continuerà a crescere al ritmo del 50% in una generazione (circa 25 anni) e per i fabbisogni elettrici bisognerà costruire 600 gigawatt in 30anni in Europa, sei volte l'attuale parco francese.
Secondo Rifkin per impiantare le infrastrutture di un´economia basata sull´idrogeno servono 25-30 anni e nel frattempo è quindi necessario mettere in atto una strategia basata sul risparmio e sull'efficienza energetica.
Ma rispetto agli scenari dei cambiamenti climatici in atto non rischiamo di arrivare tardi all'appuntamento? Quando cioè gran parte dei territori mondiali saranno sott'acqua e milioni di persone saranno i nuovi profughi?
Lo chiediamo a Massimo Serafini, della Segreteria nazionale di Legambiente.
«La partita è già giocata. Dobbiamo abituarci all'idea di convivere con i fenomeni previsti e agire ormai come soluzione del danno e non più come prevenzione. Il processo in atto è talmente accelerato e abbiamo perso così tanto tempo per cercare di mettere in atto i pur modesti obiettivi di Kyoto, che se anche raggiungiamo l'abbattimento dei consumi e dei gas climalteranti anche sopra i livelli di Kyoto, non servirà a fermare il fenomeno».
Quindi più che puntare su tutte le tecnologie a disposizione come indica Gadonneix, o all'idrogeno come invece dice Rifkin, bisognerebbe rivedere le previsioni dei consumi?
«Certo. Si deve partire da subito a pianificare la domanda. Con quelli scenari siamo fuori scala. Bisogna senza dubbio puntare sull'efficienza, ma per ridurre il fabbisogno primario e non per dilatare dei consumi. Se non si inverte questo scenario non ci sarà tecnologia in grado di dare risposta a quei fabbisogni senza innescare una accelerazione ai fenomeni che sono la conseguenza del surriscaldamento globale e sono già evidenti».
C'è chi invece a livello europeo ha puntato sulla potenzialità del sole. E' il caso della Germania che ha scelto di abbandonare l'energia nucleare entro il 2020 è ha avviato una politica volta a massimizzare da un lato l'efficienza degli usi finali e dall'altra allo sviluppo delle fonti rinnovabili, a partire dal sole.
«Politiche che ha molto indirizzato Hermann Sheer, responsabile energia dell'Spd e membro del parlamento tedesco, secondo il quale non conviene più puntare su grandi impianti, ma sulla produzione diffusa».
La generazione distribuita potrebbe essere l'approccio giusto per soppiantare il concetto tradizionale del grande impianto che poi distribuisce a chi ne fa richiesta?
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