Da L'Unità del 30/10/2006
Originale su http://www.unita.it/view.asp?IDcontent=60683
Libano: inchiesta Onu sui proiettili israeliani all'uranio
Una squadra del Programma per l'ambiente delle Nazioni Unite (Unep) è al lavoro nel sud del Libano per verificare se Israele ha fatto esplodere bombe all'uranio. «Se è stato usato lo troveremo e lo diremo», si è limitato a commentare il direttore dell'Unep Boutros al-Harb. Il governo israeliano, nel frattempo, rigetta qualsiasi accusa. Secondo Mark Regev, portavoce del ministero degli Affari Esteri israeliano, «tutte le armi e le munizioni adoperate sono legali e conformi alle leggi internazionali». Ma quello su cui stanno lavorando gli inviati dell'Onu è già più di un sospetto.
Le prime prove sono già state raccolte e analizzate in un laboratorio inglese per conto del Comitato europeo sui rischi d'irradiazione, un organismo costituito nel 1997 dal gruppo dei Verdi al Parlamento europeo. Secondo i risultati rivelati in un articolo di Robert Fisk pubblicato al quotidiano inglese The Independent e da l'Unità, «elevati segni di radioattività» sarebbero stati individuati nelle aree delle due cittadine libanesi di Khiam e At-Tiri. Secondo Chris Busby, esponente dei Verdi britannici e membro del Comitato di sorveglianza per l'uranio impoverito di Londra, le ipotesi sono due: «La prima è che la bomba fosse un nuovo piccolo congegno sperimentale a fissione nucleare o qualche altra bomba sperimentale, per esempio termobarica, basata sulle alte temperature di un'evaporazione rapida per ossidazione di uranio. La seconda è che fosse una bomba distruggi-bunker convenzionale a uranio penetrante con l'impiego di uranio arricchito piuttosto che impoverito».
Sempre su The Independent Chris Bellamy, un docente di scienza e dottrina militare dell'università di Cranfield, sostiene che l'unica certezza fornita dalle prime analisi è che non si può trattare di ordigno nucleare e che la sola ragione militare per una simile presenza di uranio sarebbe il suo uso per rendere più efficace un proiettile anti bunker. Quale tipo di bomba sia stata effettivamente usata rapprsenta tuttavia «un enigma che può essere spiegato solo da chi l'ha costruita».
L'uso di proiettili all'uranio da parte di Israele spiegherebbe la presenza in Libano di un plotone del settimo reggimento NBC (nucleare batteriologico chimico) di Civitavecchia. Secondo il contrammiraglio Claudio Confessore, comandante del contingente italiano in Libano, i controlli effettuati finora non hanno rilevato alcuna anomalia: «Nelle aree dove viviamo e operiamo, abbiamo condotto 270 rilevamenti lungo le nostre vie di percorrenza abituale e, dal punto di vista del fondo ambientale, la dose radiologica naturale è risultata al di sotto del limite di 1 m/Sv fissato dalle leggi italiane, attestandosi per l'esattezza allo stesso livello di 0,49 m/Sv di Aosta accertato dall'Università di Pavia». Le due cittadine dove sono stati raccolti i campioni analizzati nel Regno Unito sono nelle zone sotto controllo francese e indiano.
Le prime prove sono già state raccolte e analizzate in un laboratorio inglese per conto del Comitato europeo sui rischi d'irradiazione, un organismo costituito nel 1997 dal gruppo dei Verdi al Parlamento europeo. Secondo i risultati rivelati in un articolo di Robert Fisk pubblicato al quotidiano inglese The Independent e da l'Unità, «elevati segni di radioattività» sarebbero stati individuati nelle aree delle due cittadine libanesi di Khiam e At-Tiri. Secondo Chris Busby, esponente dei Verdi britannici e membro del Comitato di sorveglianza per l'uranio impoverito di Londra, le ipotesi sono due: «La prima è che la bomba fosse un nuovo piccolo congegno sperimentale a fissione nucleare o qualche altra bomba sperimentale, per esempio termobarica, basata sulle alte temperature di un'evaporazione rapida per ossidazione di uranio. La seconda è che fosse una bomba distruggi-bunker convenzionale a uranio penetrante con l'impiego di uranio arricchito piuttosto che impoverito».
Sempre su The Independent Chris Bellamy, un docente di scienza e dottrina militare dell'università di Cranfield, sostiene che l'unica certezza fornita dalle prime analisi è che non si può trattare di ordigno nucleare e che la sola ragione militare per una simile presenza di uranio sarebbe il suo uso per rendere più efficace un proiettile anti bunker. Quale tipo di bomba sia stata effettivamente usata rapprsenta tuttavia «un enigma che può essere spiegato solo da chi l'ha costruita».
L'uso di proiettili all'uranio da parte di Israele spiegherebbe la presenza in Libano di un plotone del settimo reggimento NBC (nucleare batteriologico chimico) di Civitavecchia. Secondo il contrammiraglio Claudio Confessore, comandante del contingente italiano in Libano, i controlli effettuati finora non hanno rilevato alcuna anomalia: «Nelle aree dove viviamo e operiamo, abbiamo condotto 270 rilevamenti lungo le nostre vie di percorrenza abituale e, dal punto di vista del fondo ambientale, la dose radiologica naturale è risultata al di sotto del limite di 1 m/Sv fissato dalle leggi italiane, attestandosi per l'esattezza allo stesso livello di 0,49 m/Sv di Aosta accertato dall'Università di Pavia». Le due cittadine dove sono stati raccolti i campioni analizzati nel Regno Unito sono nelle zone sotto controllo francese e indiano.
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